Il centrodestra faccia presto, il PittiBullo Renzi non è invincibile. Anzi…
Sotto la mimetica c’è già rimasto ben poco del guerriero invincibile, e questo non è solo un wishful thinkng. Certo, bisognerebbe fare presto. Se l’opposizione a Renzi si trova un candidato spendibile e unico attraverso un sistema stra-imperfetto ma ormai familiare agli elettori, quale quello delle primarie; se l’opposizione a Renzi si trova un accordo su banali e basilari punti di programma, ovvero meno tasse, meno spesa pubblica, meno burocrazia, e non solo come slogan elettorale, ovvero grande fermezza con la troika su misure di austerità inique e altrettanto inique regole di immigrazione e lotta ai clandestini, allora il progetto di egemonia renziana finisce in breve tempo e si ridimensionano o almeno si riconducono a effetto fisiologico le spinte antisistema oggi prepotenti.
Il centrodestra e gli snob
Prenderò ad esempio le dichiarazioni della bestia nera dei liberali colti ma irrimediabilmente minoritari. «Berlusconi i voti li ha ancora. I numeri sa leggerli come li so leggere io. La porta per Forza Italia è spalancata, ma non vogliamo mezze misure. E siamo all’opposizione a Renzi, quindi nessun accordo con chi governa con lui. Nessun accordo con Alfano, si deve dimettere perché non fa e non sa fare il ministro dell’Interno.Chi sfida Renzi non lo si stabilisce nelle ville ma lo decideranno gli italiani». Ebbene sì, parole di Matteo Salvini, già sottoscritte dal ribelle Raffaele Fitto. Forse alla candidatura rivoge un pensierino più Fitto di Salvini, per strano che possa sembrare, forse il sistema Veneto di Luca Zaia dovrebbe suggerire un pensierino a noi, e, non solo per boutade, anche a un Cav rinsavito da cerchio magico e delirio di vita politica eterna.
Spiace apprendere che le elezioni regionali siano state fonte di noia per giornali di intello come il Foglio, evidentemente spiazzati dall’urto di due milioni e passa di voti persi dal royal baby. Spiace perché al contrario le recenti elezioni continuano a fornire ragioni di riflessione concreta, mista a qualche ilarità, su un grande bluff semiscoperto e sulle occasioni che non andrebbero mancate. Pensate allo scontro furibondo con minacce di scissione in Ncd di Alfano, che ha preso in tutto tre consiglieri; ascoltate le dichiarazioni delle sconfitte Moretti in Veneto, che spiega di aver subito i contraccolpi del gudizio sul governo, laddove Luca Zaia l’ha asfaltata, e della Paita, in Liguria, che ha trovato la grande chiave di spiegazione che tutti zittisce, ovvero che in quella regione non amano le donne. Sono gli alleati al governo di Renzi, sono le sue candidate.
I risultati di Salvini e le proiezioni future
Ma sono esilaranti anche certe analisi di commentatori che su PittiBullo invincibile ci avevano fatto una costruzione quotidiana e affezionata della versione nostrana del “nuovo che avanza”, e ora si arrampicano su arzigogoli improbabili che nell’ordine sono: 5Stelle in realtà non va avanti ed è il solito bluff, peccato che oggi con la nuova legge elettorale sarebbero il secondo partito del Paese, quello che va al ballottaggio, pur senza un leader e nemmeno un programma; la Lega in Puglia e ad Agrigento è andata male, peccato che abbia ottenuto risultati strabilianti in regioni rosse come la Toscana, si sia mangiata ovunque Forza Italia e anche il ritorno del Cav, in Veneto abbia disinvoltamente scavalcato la diaspora di Tosi, in Liguria sia stata, con tanto di candidato che elegantemente cede il passo, autrice della vittoria di Toti assai più del boicottaggio di Renzi a opera del cinese Cofferati, il tutto a opera di un leader che starà pure in tv quasi quanto il premier/segretario, ma con un coro di odio e vituperio che manco PolPot.
Vietato sottovalutare, il centrodestra cerchi la strada giusta
La sottovalutazione radical chic e il fastidio politically snob verso Matteo Salvini sono insopportabili, tutta gente che dimentica che c’è il suffragio universale, bellezza, così come c’è l’astensione diffusa, e che basta una visita a un campo rom, un 4stelle pieno di clandestini, basta la vita quotidiana in un quartiere di periferia urbana, a farsi piacere il Salvini e le sue felpe, altro che le brioches di Marie Antoinette. Contestarlo sullo statalismo si dovrebbe, non sullo stile alla king kong. Questo furbissimo bestione della politica sembra costituire un affronto personale per raffinati esegeti che pure si sono genuflessi alle cene eleganti del Cav o alle foto col colbacco di pelo nella dacia di Putin, che non hanno fatto un frizzo alle prepotenze golpiste di Giorgio Napolitano, che oggi si eccitano all’esibizione infame di Renzi che gioca alla playstation con Orfini durante lo spoglio dei voti che gli sta assegnando una bella mazzata, e continuano a sdilinquirsi in coro su quanto il capo della propaganda del premier sia un vero genio. Non so se sia da attribuire al vero genio la trasferta del lunedì in Afganistan e in mimetica, che poi la mimetica non mi scandalizza, facendo parte del dress code di molti leader in molte nazioni. S’è messo la divisa, è andato banalmente a parlare di pace a soldati che sono in guerra, ha perpetuato l’eterna bugia dell’articolo 11 della Costituzione, e amen. Il punto è un altro, è che a tre giorni dal voto il premier/segretario non abbia ritenuto di dire una doverosa parola di commento sul voto medesimo. Pure, ci aveva saturato di presenza ed esibizioni tv, di interviste ai giornaloni; pure, se la minoranza del suo partito avesse applicato la formula Pastorino in Liguria anche ad altre regioni, lo avrebbe ammazzato, pure, hanno vinto due cacicchi spregiudicati e suoi avversari come De Luca ed Emiliano, e per tenere a galla il primo si sta aprendo una gara di contorsionismo legale e giuridico che vede in prima fila anche lo zar dell’anticorruzione, a dimostrazione definitiva che la legge Severino fu confezionata da Napolitano e dal Pd per estromettere il Cav.
La sinistra novecentesca e il Cavaliere
Pure, il teorema di un partito riformista che abbandona la sinistra novecentesca e allarga il proprio consenso al di fuori del recinto storico, insomma il Partito della Nazione, è ridimensionato proprio come il progetto pervicace di una legge elettorale costruita su misura del 40 per cento che fu alle europee del 2014. Non c’è da rimpiangere le due perdite: l’Italicum è peggio del Porcellum e del Mattarellum, ed era solo una ostentazione di muscoli, per tacer della finta riforma del Senato; il partito democratico è pieno ancora di gufi e rosiconi affezionati a coop Cgil e marxismo, il partito democratico fa riformine a metà anche quando vorrebbe farle vere, perché nessuno dal crollo dell’Unione Sovietica ha mai davvero fatto i conti col passato, e la Leopolda non è certo stata la Bad Godesberg dei socialdemocratici tedeschi. Pure, ed è l’ultima notazione per oggi, tra foto a sorriso tirato con De Luca, Paita e Moretti, assenza in Puglia, playstation e mimetica, il tutto rivelatosi inutile, va rivisto il mito del grande comunicatore che piaceva tanto anche al Cav. Ma bisognerebbe fare presto.
Maria Giovanna Maglie su http://www.lintraprendente.it/2015/06/fate-presto-2/