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Lavoro, i giovani sempre più nella spirale perversa della riforma Fornero

Lavoro, i giovani sempre più nella spirale perversa della riforma Fornero

Economia - di Ginevra Sorrentino - 22 Giugno 2015 - AGGIORNATO 22 Giugno 2015 alle 14:56

Sos lavoro. Il governo Renzi non fa che parlare che di ripresa. Di assunzioni. Di staffetta generazionale. Invece… Invece le imprese sono in ginocchio. Il disastro degli effetti della Riforma Fornero ancora sul tavolo, da analizzare e risolvere, e la pressione fiscale esaspera la situazione inerente occupazione e riforma previdenziale che, di contro, necessiterebbe esattamente del contrario.

Lavoro: gli ostacoli della “Fornero”

Dunque, non sono solo gli effetti della crisi a gravare su un settore cruciale come quello occupazionale, malmesso ormai da troppo: ad ostacolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro c’è anche la riforma previdenziale, e ad evidenziarlo, una volta di più, è lo studio Confesercenti Ref, secondo cui l’introduzione della cosiddetta Fornero (in vigore dal 2012) ha portato ad un rapido aumento dei lavoratori compresi tra i 55 e i 65 anni. Rispetto al 2010, infatti, oggi ce ne sono quasi un milione in più. Simulazioni per il quadriennio 2011-2014 effettuate «al netto della riforma», ovvero partendo dalle tendenze osservate fino al 2010, evidenziano come senza la riforma Fornero si sarebbe osservato un incremento non trascurabile del tasso di attività per la classe matura (55-64 anni), pari a 4 punti percentuali in un quadriennio. I dati effettivi, osservati ex-post e che includono quindi gli effetti della riforma – evidenzia lo studio, presentato in occasione dell’assemblea annuale di Confesercenti – hanno sottolineato come invece il tasso di attività per questa classe di età si sia bruscamente innalzato di oltre 11 punti in quattro anni. In numeri assoluti, si tratta infatti di quasi un milione (919 mila) attivi in più rispetto al 2010 e 815 mila occupati nella classe 55-64.

Lavoro, l’analisi di Massimo Vivoli

E venendo al dettaglio della situazione enucleato dal report della Confesercenti, e relativizzata al settore delle imprese, il presidente dell’associazione di categoria, Massimo Vivoli, di fronte alla platea dell’assemblea annuale ha rilevato come «in questo momento, la stragrande maggioranza delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi è in ginocchio. Eppure possiamo e dobbiamo farle rialzare, così come vogliamo contribuire a cambiare in meglio il nostro Paese. Ma, ha poi concluso, «non lo possiamo fare da soli, ma possiamo farlo per primi», ha aggiunto Vivoli che al governo ha poi proposto «un patto per la ripresa fatto di cose concrete e tangibili». Un dasto concreto come la riduzione della pressione fiscale, per esempio, a proposito della quale Vivoli ha ribadito che «non esiste alternativa efficace alla riduzione dell’imposizione fiscale», aggiungendo come la richiesta di Confesercenti al governo sia stata quella di «procedere velocemente all’approvazione dei decreti di attuazione della delega fiscale. Ma da sola non basta, perché mira più a razionalizzare l’esistente che a ridurre il peso delle imposte». «Crediamo  – ha quindi concluso Vivoli – che sia indispensabile prima di tutto la riforma del fisco, una vera riforma fiscale, perché la pressione ha superato il 55%, e di ripresa si potrà parlare quando le famiglie avranno più soldi in tasca da poter spendere».

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22 Giugno 2015 - AGGIORNATO 22 Giugno 2015 alle 14:56