Immigrazione, cominciamo bene: via la parola “quote” dalla bozza Ue…

25 Giu 2015 18:57 - di Antonio Pannullo
Tsipras, Renzi e Merkel al vertice di Bruxelles

Non c’è accordo al vertice Ue neanche sull’immigrazione (oltre che sulla crisi greca). La tensione è palpabile, e la parola “quote” non piace a nessuno. È un consiglio europeo difficile quello che si apre tra qualche ora a Bruxelles dove i 28 si ritroveranno sul tavolo non solo il complicato dossier immigrazione con posizioni diverse e prese di distanza. Ma anche il capitolo Grecia che rimbalza sul tavolo dei leader dopo una trattativa, quella tra Atene e i creditori, che a pochi giorni dallo scadere del programma di aiuti, sembra ancora tutta in salita. L’Eurogruppo di ieri sera si è chiuso, nel giro di poco più di un’ora, senza un niente di fatto. All’ordine del giorno c’è anche la spinosa questione dell’immigrazione su cui si tenterà un passo avanti dopo l’ultima bozza messa a punto dalla Commissione che, grazie ad una capriola lessicale, ha eliminato appunto la parola “quote” indigesta a molti Paesi. Matteo Renzi non rinuncia a fare l’ottimista a tutti i costi: «Per la prima volta l’Europa riconosce il problema immigrazione, si apre una finestra di opportunità», ha spiegato il premier che, prima di partire per Bruxelles ha incontrato le Regioni dopo le dure polemiche delle ultime settimane con alcuni governatori. Quello che è certo è che la partita a Bruxelles è e resta difficile con Londra e la Danimarca, per ragioni diverse, “chiuse”, così come diversi Paesi dell’Europa centrale. Con casi limite come quello ungherese che oltre ad un nuovo muro ha minacciato – poi facendo marcia indietro – di non accettare più i richiedenti asilo. Tutti i Paesi membri a quanto pare parteciperanno al meccanismo di redistribuzione delle «40 mila persone in chiaro bisogno di protezione internazionale», riporta l’ultima bozza delle conclusioni del vertice sottolineando che serve «un approccio all’immigrazione equilibrato e geograficamente completo, basato sulla solidarietà e la responsabilità».

Immigrazione, la Merkel non crede che si raggiungerà l’accordo

Tre i punti chiave proposti da Juncker: redistribuzione e reinsediamento, rimpatri e reintegrazione, e cooperazione con i Paesi di origine e transito. Roma, per ora, cerca di farsi spazio tra le righe della posizione messa nero su bianco dalla Commissione Ue. Ma sembra pronta a un – sempre più fantomatico – piano B che punta anche sui rimpatri dei migranti economici, i clandestini. E mercoledì Renzi ha cercato di preparare la strada all’interno, invitando parlamento e forze politiche a superare il tabù. L’immigrazione terrà banco nella prima sessione dei lavori mentre nelle prossime ore i leader lasceranno spazio a David Cameron, che parlerà del referendum Gb sull’Ue. E, ancora, si parlerà del Rapporto dei 5 Presidenti per il completamento dell’Unione economica e monetaria. Venerdì invece il focus sarà su occupazione, crescita e competitività e le sfide della sicurezza Ue con, al tavolo, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Non c’è troppa chiarezza neanche tra quello che pensano i burocrati di Bruxelles: «C’è una bozza di accordo sul dossier immigrazione per la redistribuzione dei migranti, ora aspettiamo e vediamo», dice, forse sapendo di mentire, il primo vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans. Molto più realista invece il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk: «Non c’è consenso tra gli Stati membri sulle quote obbligatorie per i profughi. Il meccanismo volontario è credibile solo con significativi e precisi impegni entro fine luglio», scrive su Twitter. La cancelliera tedesca Angela Merkel vede scuro: «Ci sono notevoli tensioni tra gli Stati membri e questo non possiamo permettercelo, anzi, serve più solidarietà e combattere le radici della fuga dei migranti dai loro Paesi d’origine». Prima dei lavori, Renzi ha concluso sottolineando comunque che ora «non è più un tema dell’Italia o del Mediterraneo, ma di tutta l’Europa. Soddisfatto o meno lo vediamo alla fine del vertice, si tratta di capire come sarà l’accordo», dicendosi convinto che «l’Italia possa far valere la sua voce».

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