La Legge Severino secondo Renzi: per De Luca non c’è fretta, per gli altri sì
In punta di diritto, Pd e governo lambiccano sulla domanda: quanto deve essere rapida l’applicazione della legge Severino? A ben vedere, però, non sembra che abbiano dubbi. E, anzi, la risposta che fanno emergere dal dibattito in atto appare piuttosto chiara: se sei un esponente del centrodestra, come Giuseppe Scopelliti, l’applicazione deve essere rapidissima; se sei del centrosinistra, come Vincenzo De Luca, non c’è alcuna fretta.
Il governo ribadisce: non c’è fretta
È stato il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico, a ribadire la posizione del governo. «È la proclamazione degli eletti a concretare l’avvio del procedimento per sospensione», ha detto l’esponente del Pd nell’Aula della Camera, spiegando che la sospensione di De Luca potrà scattare solo alla prima seduta del consiglio regionale. Questa interpretazione apre la strada al fatto che De Luca possa presentare la giunta e quindi, per il tramite del suo vice, continuare di fatto a governare la Regione nonostante la sospensione.
Le falle della Severino
Secondo il procuratore di Salerno, Corrado Lembo, dalla vicenda De Luca «emerge una falla piuttosto evidente nell’applicazione pratica della normativa». «La legge non impedisce a una persona che si trovi nelle condizioni di De Luca di candidarsi alle elezioni, ma stabilisce che, una volta eletto, non possa assumere quell’incarico», ha spiegato Lembo in un’intervista a Repubblica, aggiungendo però che «senza scomodare il diritto, mi viene in mente Parmenide: A non può essere uguale a “non A”». Insomma, basterebbe la logica per risolvere il caso. Ma non avendola usata per bloccare la candidatura di De Luca a monte, non si vede perché il Pd e Renzi dovrebbero usarla adesso che il risultato elettorale è stato portato a casa. Più facile, dunque, stare lì a girare intorno a questioni giuridiche, guadagnando tempo e spazi di manovra. In fondo – è la foglia di fico – è la stessa legge, con le sue «falle», a consentire questo comportamento.
Ma con Scopelliti il problema non c’era
Epperò, c’è «un precedente»: il caso Scopelliti. Più volte evocato in questi giorni, lo ha ricordato anche Lembo, sottolineando che «in Calabria, con il governatore Scopelliti, la sospensione fu accertata non solo in maniera fulminea, ma anche retroattiva dalla data della sentenza». In quel caso, però, nessuno nel centrosinistra e nel governo Renzi si pose il problema dei tempi e della corretta applicazione della legge. Anche perché Scopelliti non volle esporre le istituzioni a un dibattito quanto meno imbarazzante: si dimise spontaneamente. Per questo oggi ha la credibilità necessaria per dire che «il comportamento di De Luca lascia senza parole». «Io, in analoga situazione, mi sono dimesso per permettere ai cittadini di scegliere un nuovo governatore. Lui ha fatto l’esatto contrario: si è candidato già sapendo di non poter governare la sua Regione», ha detto l’ex governatore della Calabria in un’intervista a Libero, in cui ha anche spiegato che la sua scelta, oltre che dalla correttezza verso i calabresi, fu dettata anche dalla volontà di «mostrare tutto il mio dissenso, peraltro da molti condiviso, nei confronti di una norma che lede i più elementari principi costituzionali». Allora il governo Renzi e il Pd non vollero cogliere né quel segnale né le numerose criticità evidenziate dal centrodestra, ora sono i primi a sottolinearle. Ma allora non c’era da fare quadrato intorno a uno dei loro, oggi sì.