Mafia capitale: così Buzzi pagava gli stipendi ai dipendenti del Pd
Gli stipendi dei dipendenti del Partito democratico pagati con i soldi di Salvatore Buzzi, sempre più vero deus ex machina di Mafia Capitale. La clamorosa indiscrezione è pubblicata dal Corriere della Sera ed emerge dagli atti dell’inchiesta. L’intercettazione risale al 9 settembre 2014: Buzzi, capo della coop 29 giugno, parla con i suoi collaboratori di un incontro con Lionello Cosentino, all’epoca segretario del Pd romano, e poi «fa riferimento alla richiesta di 6-7.000 euro avanzata da Cotticelli e alla consuetudine sistematica del “primo di ogni mese” di pagare stipendi a pubblici ufficiali». L’incontro è documentato dalle «cimici» degli investigatori che annotano: «Cotticelli spiegava che erano in estrema difficoltà, in quanto non erano riusciti a pagare gli stipendi di agosto e non sapevano cosa fare, quindi chiedeva a Buzzi se poteva aiutarli. Buzzi dava il suo assenso dicendo che avrebbe fatto un assegno, poi chiedeva a Cotticelli che tipo di ricevuta gli avrebbe lasciato, al che quest’ultimo rispondeva: “Ti lascio una ricevuta come Partito democratico di Roma”. Buzzi gli spiegava che la ricevuta serviva per metterla in contabilità, quindi dava disposizione di elargire subito l’importo richiesto da Cotticelli. Poi disponeva la compilazione di un assegno di 7.000 euro, tratto da un conto della “29 giugno” intestato a “Pd di Roma”».
Mafia capitale, parte del Pd romano a busta paga
Come scrive ancora il Corriere della Sera «nuove indagini sono in corso anche sul capogruppo del Pd alla Regione Lazio, Marco Vincenzi, indicato come il «tramite» per ottenere lo sblocco dei fondi più consistente da dirottare verso il Campidoglio, in particolare per questi Dipartimenti dove c’erano funzionari a libro paga». Non è la prima clamorosa rivelazione degli ultimi giorni sull’inchiesta Mafia capitale. A proposito del campo profughi di Mineo, in Sicilia, Buzzi durante un’interrogatorio con i pm ha anche detto: «Se parlo io casca il governo». Il pm Giuseppe Casciani lo ha interrotto: «Queste sono frasi inutili, noi facciamo un altro mestiere». Alla richiesta del capo delle coop rosse di interrompere la registrazione per poter fare le sue rivelazioni è arrivato il secco no dei magistrati. A quel punto Buzzi ha prefetito dirottare la conversazione su altri argomenti. Il governo, per ora, è salvo.