Ondata di polemiche sulla scorta a Orfini: a pagare sono i romani
Matteo Orfini è sotto scorta. Il presidente del Pd e commissario del partito a Roma, dopo lo scandalo e le inchieste di Mafia Capitale, è finito sotto protezione. La richiesta della scorta è arrivata direttamente dal Viminale e tecnicamente non si tratta proprio di una scorta, ma di una «misura di protezione». Come si legge sull’Huffington post questa misura si è resa necessaria soprattutto dopo il commissariamento del municipio di Ostia, una delle aree a più alto tasso criminogeno di Roma. E anche per la “bonifica” avviata all’interno del Pd romano, le cui “infiltrazioni” e il cui “inquinamento” sono state illustrate da Barca nella sua relazione. Uno dei primi atti del presidente del Pd è stato, infatti, quello di commissariare il Pd del litorale romano con la nomina di Stefano Esposito a commissario. Subito dopo si è dimesso Andrea Tassone, il presidente del municipio che poi è stato arrestato sempre nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale. A Orfini è arrivata la solidarietà di molti esponenti di partiti, anche se non è mancato chi ha espresso perplessità.
Scorta a Orfini: fioccano le polemiche
Fioccano le polemiche. «Marino aveva detto che avrebbe rinunciato alla scorta. Ora ce l’ha lui e anche il suo badante. A pagare sempre i romani», ha scritto in un tweet Giorgia Meloni. Ironico su Twitter anche il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e segretario nazionale de La Destra, Francesco Storace: «Orfini sotto scorta. Evidentemente lo minacciano i circoli dannosi, cattivi e pericolosi del Partito democratico di Roma #maniacapitale». Ma non solo. «Mettere sotto protezione il presidente nazionale del Partito democratico, solo per il fatto di essere stato nominato commissario per contrastare l’illegalità a Roma nel suo partito, è grave. Si presuppone che vi sia allora la certezza che la minaccia possa provenire da uomini dello stesso partito? Che possano agire con metodi mafiosi? Ma di cosa si parla: di partito o di mafia?». A domandarlo è Pino Masciari, imprenditore e noto testimone di giustizia calabrese, che ha denunciato la criminalità organizzata calabrese e le sue collusioni politiche. «A quanto pare – prosegue Masciari – non si tratta solo di contrastare l’illegalità del partito ma della mafia che si annida nel partito. La sfera coinvolta potrebbe superare l’inimmaginabile. I cittadini sicuramente si domandano: da chi siamo governati realmente? Forse per decoro e responsabilità – conclude il testimone di giustizia calabrese – sarebbe ora di “resettare” tutte le articolazioni politiche-istituzionali e restituire la legittima dignità alla politica quale bene comune per il Paese».