Accordo con l’Iran potrebbe valere 3 miliardi per l’Italia. Cioè per l’ENI
L’Eni progetta il ritomo, il ritiro delle sanzioni potrebbe valere 3 miliardi in più di export nei prossimi quattro anni di Giovanni Stringa Una lezione di marketing in un master di gestione aziendale, l’americanissimo Mba. Ventidue gli alunni, tra cui sette studentesse, che ascoltano un professore madrelingua inglese. No, non siamo a New York, Londra o Milano. Ma a Teheran, e più precisamente alla Iranian business school, dopo la partnership siglata dall’istituto mediorientale con un’università finlandese. E’ dal 1979 — scrive il «Financial Times» — che a docenti occidentali non veniva permesso di insegnare in Iran. E la formazione accademica ha solo anticipato di poco quello che presto succederà — a meno di imprevisti — nel ben più ampio mondo delle imprese, con l’attesa fine delle sanzioni su una lunga serie di prodotti (ma non tutti).
Il ritiro delle sanzioni potrebbe valere tre miliardi in più di export
Così — a poche ore dall’annuncio dell’accordo sul nucleare — aziende, ministri e asso ciazioni industriali hanno rilasciato stime e dichiarazioni sul prevedibile «big business» in salsa persiana. Anche in Italia, che prima delle sanzioni — varate nel 2006 e inasprite nel 2011 — era uno dei più importanti partner economici e commerciali di Teheran. Adesso il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, spera di «poter presto riprendere un percorso di collaborazione bilaterale, anche attraverso una nostra missione economica e imprenditoriale» che al dicastero contano di «organizzare fin dalle prossime settimane». L’accordo con l’Iran rappresenta, per l’Italia, «la possibilità di riaffacciarsi su un mercato che conta oggi quasi 80 milioni di potenziali consumatori», ha aggiunto Guidi, per cui l’intesa «è un passo essenziale per la stabilità dell’area».
La presenza di Teheran si farà sentire anche sul mercato petrolifero
E le aziende? Prima delle sanzioni, in Iran erano particolarmente attivi gruppi del calibro di Eni, Danieli, Pirelli, Tecnimont e Technip. Più indietro nel tempo, negli anni Settanta quando ancora regnava lo Scià Reza Pahlavi, nel portafoglio delle commesse tricolore c’erano pezzi da novanta come la costruzione del porto di Bandar-Abbas (con il suo lungo contenzioso chiuso due decenni dopo).
Eni che ha definito l’intesa “una tappa incoraggiante”.
“Se le sanzioni internazionali venissero sollevate e il governo iraniano proponesse un nuovo quadro contrattuale, più allineato agli standard intemazionali e meno penalizzante per le compagnie dell’oil&gas — ha ribadito il Cane a sei zampe attraverso un portavoce — potremmo considerare nuovi investimenti nel Paese». In generale, «il ritiro delle sanzioni potrebbe portare a un incremento dell’export italiano in Iran di quasi 3 miliardi di euro nei prossimi quattro anni»: è la stima della Sace, specializzata nei crediti alle esportazioni.