Cairo, identificati i 3 attentatori del Consolato italiano: è caccia al covo

13 Lug 2015 18:57 - di Paolo Lami
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Hanno un nome i tre attentatori che sabato scorso hanno fatto esplodere un’autobomba con 450 chili di esplosivo davanti al Consolato italiano al Cairo azionando un congegno a distanza in una città ancora addormentata e in pieno Ramadan, con buona parte delle strade vuote.
Secondo Al Arabiya, che ha parlato con fonti della sicurezza egiziana, i tre, appartenenti al gruppo di Ansar Beit el Maqdes attivo nel Sinai, che ha promesso fedeltà al Daash, sarebbero Tarek Abdel Sattar e Hussein Barakat Hussein Mabrouk, originari di Bani Suef in Alto Egitto e Hussein Samir Bassiouni di Fayoum a sud del Cairo.
In queste ore le forze di sicurezza egiziane stanno intensificando gli sforzi per prendere i tre terroristi e il team di ricerca egiziano impegnato nella cattura sta cercando di arrivare al covo dove i tre si nascondono. Secondo Osama Bedier, Vice Ministro degli Interni per il settore della sicurezza del Cairo, la cattura è questione di ore.
La Direzione della Sicurezza del Cairo ha condotto indagini intensive su terroristi già coinvolti in operazioni precedenti e sarebbe arrivata così a identificare i tre.
Era stato l’Isis a rivendicare, a undici ore dall’esplosione, l’attentato spiegando anche che erano stati utilizzati 450 chilogrammi di esplosivo nascosti in un’auto fatta deflagrare a distanza davanti alla facciata dell’edificio su Al-Galaa Street nel quartiere residenziale povero di Bulacco. Il laboratorio criminale specializzato sulle autobombe aveva poi effettivamente identificato l’esplosivo di tipo Tnt.
E subito il pensiero degli esperti era corso ad un altro attentato “gemello”, l’assassinio del procuratore generale Hisham Barakat, anch’esso svenuto con un’auto imbottita di esplosivo il cui congegno di innesco è stato azionato a distanza. Tanto che gli esperti non escludono che «i terroristi possano aver utilizzato gli stessi materiali esplosivi».
Quanto alla motivazione, per gli 007 italiani non ci sono dubbi: un avvertimento all’Italia, solido alleato del Cairo e – nel contempo – un attacco al presidente egiziano Al Sisi, impegnato a reprimere forti spinte islamiste in patria.
Quel che è certo è che si stringono a questo punto le maglie della sicurezza sui possibili obiettivi italiani in Egitto (sedi diplomatiche, culturali, economiche, turistiche).
Sembra indubbio che nel mirino ci fosse proprio l’edificio “italiano” anche se c’è chi fa notare che l’attentato potrebbe essere indirizzato contro l’avvocato Ahmed al Fuddaly vicino al presidente Abdel Fattah al Sisi visto che il consolato italiano è vicino all’Alta corte egiziana e l’esplosione è  avvenuta prima che passasse al Fuddaly.
Permangono invece dubbi sulla matrice dell’Islamic State poiché, generalmente, fanno notare gli uomini dell’intelligente, le azioni firmate dall’Isis sono più eclatanti e sanguinose, mentre
l’ordigno fatto esplodere all’alba al Cairo – pur avendo fatto una vittima, un venditore ambulante, – parrebbe avere più le caratteristiche di un’azione dimostrativa.
Resta il duplice messaggio intimidatorio: l’Italia è un obiettivo delle fazioni jihadiste locali in quanto parte della coalizione internazionale che combatte l’Isis in Siria ed Iraq, nonché in qualità di alleato del regime egiziano che ha rovesciato il presidente eletto Mohamed Morsi.

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