Filippo Corridoni, un “mito” del sindacalismo da riscoprire
Il 2015 è l’anno di Filippo Corridoni, tra gli artefici della stagione interventista italiana, caduto in guerra, all’assalto di una trincea, il 23 ottobre 1915, dopo essere stato uno degli esponenti dell’ala più intransigente del movimento sindacale, rivoluzionario ed antimilitarista. Per questo originale ed appassionato percorso personale e politico Corridoni riassume simbolicamente il passaggio dal sindacalismo rivoluzionario al sindacalismo nazionale, dalla conflittualità classista all’idea patriottica, lungo le linee principali della “revisione ideologica” del sindacalismo, fissate nel carattere nazionalista, apartitico, pedagogico, interclassista e produttivista della nuova lotta sociale.
Scelta “teorica”, la sua (sostenuta da una grande scuola di pensiero, d’impronta soreliana, a cui dettero contributi essenziali sindacalisti-intellettuali, quali Alceste De Ambris, Agostino Lanzillo, Angelo Oliviero Olivetti, Sergio Panunzio, Edmondo Rossoni) ed insieme “pratica”, cioè realizzata con un costante lavoro sociale e con un’integrale volontà di radicare, a livello popolare, le proprie idee, fino all’estremo sacrificio. A questi complessi, ma affascinanti itinerari, è dedicato l’ultimo libro di Mario Bozzi Sentieri, “Filippo Corridoni – Sindacalismo e interventismo – Patria e lavoro” (Pagine – I libri del Borghese, pagg. 140, Euro 16,00). Il libro di Bozzi Sentieri, più che una biografia vuole essere una “rilettura” delle suggestioni corridoniane, delle sue idee e del suo esempio, all’interno di un’epoca di grandi passioni civili e di un esemplare dinamismo intellettuale, sociale e politico, a cui l’autore invita a guardare, ben al di là del tempo trascorso: epoca di futuristi e di arditi, di masse appassionate e di tribuni, di affermazioni assolute e di negazioni sovrane, in grado di scomporre le vecchie appartenenze e di sintetizzarle ex novo.
Di biografie dedicate a Corridoni ne sono state scritte molte, soprattutto, durante gli Anni Trenta del ‘900 – dichiara Bozzi Sentieri – spesso ripetitive e celebratorie, vista l’assimilazione che il fascismo fece del “Tribuno sindacalista”, e più attente alla “mitologia” del personaggio che alla complessità del quadro culturale, politico e sociale in cui si era manifestato il suo impegno. Con il mio libro cerco di fissare il senso della rottura delle vecchie appartenenze ideologiche, che porta Corridoni a mettersi a capo della campagna interventista, a partire volontario e a cadere in guerra, meritandosi la medaglia d’oro al valor militare, dopo essere stato, fino a pochi mesi prima, l’artefice della lotta antimilitarista. Sulla scia della sua “rottura” c’è da cogliere il passaggio da una visione classista dei rapporti sociale ad una partecipativa e “nazionale”, fissata, ad esempio, nella “Carta del Carnaro”, elaborata, nella Fiume dannunziana, da Alceste De Ambris, grande amico dello stesso Corridoni”.In questa ottica, l’interesse per Corridoni va ben oltre l’anniversario interventista, pur dandogli significati nuovi, abbracciando idee e mentalità che poi segnarono gli anni seguenti. L’invito di Bozzi Sentieri è di “riannodare” gli sfilacciati brandelli ideali dell’epoca, ridando a Corridoni il giusto spazio in uno dei momenti cruciali della Storia italiana, al di là della facile agiografia e delle interpretazioni di parte, per andare all’essenza del suo complesso cammino politico-sindacale.