Italcementi, Meloni e Salvini: «La nostra industria sotto attacco»

29 Lug 2015 14:07 - di Valeria Gelsi
italcementi

Preoccupazione per i posti di lavoro e per la svendita del made in Italy. È un allarme comune quello lanciato da sindacati e centrodestra dopo la cessione del 45% di Italcementi al gruppo tedesco Heidelberg. Un allarme aggravato dall’atteggiamento del governo, che non solo non fa niente per impedire la perdita di settori produttivi, ma anzi se ne compiace.

Il governo applaude: «È il mercato, bellezza»

A chiarire quale sia l’idea del governo di fronte a questa ennesimo passaggio di un grande gruppo industriale italiano in mani straniere ci ha pensato il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda: «È una scelta che farà crescere l’azienda, diventerà un grandissimo colosso internazionale». Giudizio positivo, quindi, al grido di “è il mercato, bellezza”. «Il mercato è fatto così. Non possiamo lamentarci», ha sostenuto Calenda, secondo il quale non si può «piangere perché perdiamo pezzi del made in Italy».

A rischio 3mila dipendenti italiani

Ma in ballo, tra le altre cose, c’è anche il posto di lavoro di circa 3mila dipendenti italiani. Una questione sulla quale i sindacati hanno manifestato tutta la loro preoccupazione, chiarendo che l’accordo «non dà alcuna garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali rispetto al piano di ristrutturazione, che si concluderà a gennaio 2017». «L’accordo ci preoccupa nel metodo e nel merito», hanno commentato i segretari nazionali di FenealUil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, Fabrizio Pascucci, Riccardo Gentile e Marinella Meschieri, sottolineando che «tutta l’operazione è stata fatta tenendo all’oscuro le organizzazioni sindacali». Ma i rappresentanti dei lavoratori si sono anche detti «rammaricati» per «il passaggio in mani straniere dell’ennesimo pezzo importante e prestigioso del made in Italy, rispetto al quale – hanno chiarito – sarebbe necessario che anche il governo chieda garanzie sulla natura e sulla qualità del piano industriale».

Il governo Renzi senza strategia industriale

Il tema del mercato e degli investimenti esteri come fattore tutto positivo non convince poi il centrodestra, che ricorda come l’Italia stia perdendo il controllo su settori strategici, nella totale assenza di politica industriale da parte del governo. «L’impoverimento di una nazione nasce dalla fine delle sue industrie e noi ci stiamo consegnando, pezzo dopo pezzo, ai nostri carnefici», ha ricordato la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, sottolineando che questo processo riguarda tutti i settori chiave del made in Italy: dall’agroalimentare al lusso, dalla moda all’acciaio, dagli elettrodomestici alle auto. «I marchi rimangono italiani ma i capitali, il cuore e il portafogli stranieri», ha detto ancora la leader di FdI, mentre è stato il capogruppo alla Camera, Fabio Rameplli, a sottolineare che «il governo Renzi dimostra una totale assenza di strategia economica industriale: lo scippo di Italcementi da parte della Germania non attiene alle normali regole del mercato, ma è una questione che riguarda la tutela degli interessi strategici nazionali».

I marchi passati in mano straniera: una svendita impressionante

La lista dei marchi italiani acquistati da gruppi stranieri è impressionante e lo stesso Rampelli ha citato i casi più importanti: Pirelli, Ansaldo Breda e Sts, la Indesit, Alitalia, nel settore agroalimentare i gelati Algida, le marmellate Santa Rosa, il riso Flora, l’olio Bertolli, Carapelli e Sasso, la Parmalat, Galbani, Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Président; Buitoni e Sanpellegrino, Perugina, Motta, l’Antica Gelateria del Corso e Valle degli Orti; Peroni, Ganci. Tra le griffe, Poltrona Frau, Valentino, Krizia, Loro Piana, Bulgari, Fendi, Acqua di Parma e Pucci. «E oggi – ha concluso il capogruppo di FdI alla Camera – ci ritroviamo asfaltati su una strada che porta dritta in Germania».

I sospetti su una precisa strategia tedesca ed europea

Ha parlato, invece, di «una strategia di occupazione militare» Matteo Salvini, per il quale «quello che i tedeschi non sono riusciti a fare con i carri armati e con le camicie brune, lo stanno riuscendo a fare grazie a questa Europa sovietica». «Se fossero libere scelte su libero mercato di liberi imprenditori, nulla quaestio. Se sono scelte figlie di una costrizione, di un’Europa e una moneta montate ad arte per aiutare i tedeschi allora – ha concluso Salvini – sono parte di una strategia di occupazione militare».

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