Ricordo di Antonio Marceglia, il marò che mise in ginocchio l’Inghilterra
Il 13 luglio 1992 moriva Antonio Marceglia, Medaglia d’Oro al Valor militare, eroe oggi dimenticato, che si rese protagonista di azioni clamorose che portarono la Decima Mas e la Marina militare italiana nella leggenda. Nel Regno Unito ancora se la ricordano. Parliamo di quella che da noi è conosciuta come “l’impresa di Alessandria“, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 dicembre 1941, a opera di sei eroici marò della Decima Mas comandata da Junio Valerio Borghese i quali, a bordo di tre maiali, penetrarono, navigando sott’acqua per miglia, nel porto egiziano e affondarono due corazzate inglesi, la Queen Elizabeth e la Valiant, danneggiando la nave cisterna Sagona e la cacciatorpediniera Jarvis, utilizzando testate esplosive. Autori dell’operazione furono gli equipaggi Durand de la Penne-Emilio Bianchi, sul maiale 221, che si occuparono della Valiant, Vincenzo Martellotta-Mario Marino, sul maiale 222 che attaccarono la petroliera Sagona, e l’equipaggio Antonio Marceglia-Spartaco Schergat, che a detta degli esperti del settore, anche inglesi, si resero protagonisti di un’azione perfetta, da manuale, che attaccarono la testata esplosiva del loro mezzo alla poderosa Queen Elizabeth, causandone l’affondamento. Tutti i marò furono catturati subito dagli inglesi e dagli egiziani, ma Marceglia e Schergat riuscirono in un primo momento a sottrarsi alla cattura dileguandosi nei dintorni di Alessandria; solo che, poiché il servizio segreto italiano aveva dato loro banconote fuori corso in Egitto, furono individuati e arrestati mentre cercavano di cambiare la valuta.
Marceglia e gli altri cinque marò furono subito catturati
La coraggiosa azione dei nostri marò mise in ginocchio la flotta inglese, che per la prima volta dall’inizio della guerra si trovò in inferiorità rispetto anche a quella italiana, ma le conseguenze psicologiche non ci furono, perché l’operazione rimase segreta per molti mesi, anche a causa dell’arresto dei sei marò. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 tutti e sei gli operatori della Decima Mas vennero decorati con la Medaglia d’Oro al Valor militare per la loro intrepida azione. Antonio Marceglia nel maggio precedente aveva ricevuto la Medaglia d’Argento al Valor militare per una rischiosa operazione a Gibilterra, e a settembre dello stesso anno aveva ricevuto la Croce di Guerra al Valor militare sul Campo, sempre per un’azione a Gibilterra, e sempre ai danni degli inglesi. Antonio Marceglia era un istriano di Pirano, dove era nato nel 1915, sempre in luglio; nel 1933 entrò nell’Accademia navale di Livorno per uscirne nel 1938 come sottotenente del Genio navale. In quello stesso anno si laureò a pieno voti all’università di Genova. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ormai tenente, Marceglia era imbarcato sul sommergibile Ruggero Settimo, col quale partecipa ad alcune missioni nel Mediterraneo. L’anno successivo chiede e ottiene di entrare nel Gruppo mezzi d’assalto della Decima Mas, con la quale compirà, promosso capitano, le citate imprese di Gibilterra e Alessandria d’Egitto. Dopo la cattura in Egitto, fu dapprima mandato in un campo di prigionia in Palestina per poi essere trasferito come Pow (prisoner of war) nel campi inglesi di detenzione in India, dove erano raccolti all’incirca diecimila italiani. Rimpatriato nel 1944, proseguì la sua azione nei mezzi d’assalto della Marina. Nel 1945 si dimise dalel forze armate e assunse la guida di un cantiere navale. Morì a Trieste il 13 luglio 1992 ed è sepolto al Lido di Venezia. Pochi giorni dopo la sua morte sul prestigioso Times di Londra comparve un insolito omaggio all’ex nemico, un necrologio di quattro colonne, con tanto di fotografia, nel quale l’autorevole quotidiano londinese ricordava che «l’ufficiale della Marina italiana Antonio Marceglia, morto all’età di 77 anni, aveva messo fuori uso una corazzata da 32mila tonnellate».