Scuola, solo Albertazzi ci salverà dai disastri della riforma di Renzi
Che c’entra la scuola con l’imperatore Adriano e con Giorgio Albertazzi, che ne ha fatto risuonare la voce al Castel Sant’Angelo? C’entra eccome e sono stati proprio il grande mattatore e il regista Maurizio Scaparro a fornire un assist a chi giudica la riforma della scuola di Renzi una pietra tombale per la scuola. Il giudizio espresso sulla scuola dal grande imperatore nelle “Memorie di Adriano” – rimarcato durante la piéce e rilanciato in conferenza stampa – potrebbe apparire sugli striscioni dei tanti professori e studenti indignati di queste settimane infuocate.«La mia prima patria sono stati i libri. In minor misura le scuole», dice l’imperatore Adriano in un passaggio recitato da par suo da Albertazzi. Sì, volendo ironizzare ma non troppo, tra la scuola che si sta profilando e le buone letture non c’è partita: le seconde tutta la vita… E, aggiungiamo noi, le buone piéce teatrali.
«Mi sono molto emozionato, sono ancora trasognato per aver portato le parole dell’imperatore Adriano nel luogo dove è stato sepolto, il mausoleo di Adriano, oggi Castel Sant’Angelo», racconta Albertazzi dall’alto dei suoi 92 anni dopo aver ripreso, per il 26/o anno, il suo spettacolo con la regia di Maurizio Scaparro. È stato Albertazzi a voler sottolineare il senso di queste parole: solo puntando sulla cultura e sulla scuola si può costruire una via d’uscita alla realtà di questi anni. Purtroppo, quello che non ha detto e che con la realtà di questi anni dovremmo acora convivere a lungo perché la “buona scuola” renziana è lontana anni luce da quella vagheggiata da Adriano-Albertazzi.
Parlare di Adriano significa parlare di Grecia e Scaparro non si è lasciato sfuggire l’occasione per far riferimento a un passo recitato da Albertazzi, rivolgendo un pensiero al popolo greco e alla sua storia: « Il più grande seduttore, in fin dei conti, non è Alcibiade, è Socrate, Socrate era greco. Quasi tutto quello che gli uomini hanno detto di meglio è stato detto in greco, tutto quello che ciascuno di noi può tentare di fare per nuocere ai suoi simili o per giovare loro, è già stato fatto, almeno una volta, da un greco. L’impero che ho, l’ho governato in latino, in latino sarà inciso il mio epitaffio sulle mura del mio mausoleo in riva al Tevere, ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto. Antinoo era greco». «Quel che mi impressiona veramente – aggiunge il regista – è ogni volta l’attualità del tutto e la fiducia nella storia dell’uomo che ha la Yourcenar». Albertazzi riconferma il legame «quasi magico» alla figura di Adriano. Anni fa disse addirittura, «Io mi sento Adriano»: «Un rapporto che è cresciuto con l’età. Quando è iniziato nel 1989, io avevo l’età che ha Adriano nel romanzo, ma le sue riflessioni con la coscienza di stare per morire le sento sempre di più come mie. Poi dette lì, nel mausoleo da lui costruito… Per questo recitare Adriano non mi stanca mai.»