Brunetta: «Renzi non ci conti. Non ci sarà un patto del Nazareno bis»
«Adesso tocca a Matteo Renzi: è lui che deve dire in Parlamento quello che vuole fare». Così, in un’intervista al quotidiano napoletano Il Mattino, Renato Brunetta sottolinea il “no” di Forza Italia al Nazareno 2.0, spiegando che il suo partito non è disponibile a una mediazione. «Non chiediamo nulla e non vogliamo nessun tavolo – dice il presidente dei deputati azzurri – Abbiamo dettato le nostre condizioni al Consiglio nazionale, spiegando che è necessario cambiare la legge elettorale per dare un premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista e cambiare la riforma con l’elettività dei senatori: un combinato disposto inscindibile. Altrimenti si andrebbe verso l’autocrazia di una minoranza, con un uomo solo al comando che prenderebbe tutto: governo, Parlamento, capo dello Stato e altri organi costituzionali. Un abominio che non avrebbe eguali nel mondo».
Brunetta chiede l’intervento di Mattarella
Un punto di vista non minoritario nel resto dell’Italia, spiega ancora Brunetta. «A pensarla così ci sono ampie fasce della sinistra, uno per tutti Eugenio Scalfari, tutta l’opposizione e la stragrande maggioranza dei costituzionalisti. Renzi non deve parlare a noi, ma al Paese». «Il documento del nostro Consiglio nazionale è stato approvato all’unanimità. Non è poi corretto mettere insieme Fitto e Verdini. Mentre quest’ultimo è andato in soccorso a Renzi – precisa Brunetta – la posizione di Fitto è di totale opposizione al premier. I 176 che hanno firmano gli emendamenti al Senato sono il de profundis per Renzi, che non ha quindi la maggioranza. Mattarella dovrebbe chiamarlo e chiedergli conto della sua maggioranza traballante con cui vuol fare riforme profonde e pericolose». Il masterplan di Renzi per settembre? «È un piano regolatore: non vuole dire nulla. Se avessi la bacchetta magica, investirei in infrastrutture materiali e immateriali, capitale umano, giustizia, portando i migliori cervelli, poliziotti, magistrati, burocrati e professori. Ha bisogno di più risorse per combattere la criminalità, ma anche di una rivoluzione culturale che parta dall’interno».