Caso Marò: «Terzi lasciato solo, Girone e Latorre sacrificati e Napolitano…»
Oggi che è partito finalmente l’arbitrato internazionale sullo spinoso caso dei nostri marò Latorre e Girone, sequestrati il 19 febbraio del 2012 con l’inganno dalle autorità indiane, emergono risvolti inquietanti sul comportamento delle autorità italiane, che hanno, per essere buoni, malgestito la situazione sin dal primo momento. E sin dal primo momento la situazione avrebbe potuto essere risolta dalle nostre autorità, se solo avessero avuto il coraggio e la determinazione di non far rientrare in porto indiano del Kerala la Enrica Lexie, la nave su cui i due marò, insieme con altri quattro commilitoni, erano ingaggiati nel quadro della lotta internazionale anti-pirateria. In un articolo sul sito Dagospia Maria Giovanna Maglie ritorna sulla questione, sostenendo praticamente che i marò sono stati sacrificati all’altare del commercio internazionale, di armi o d’altro. Altrimenti come si spiegherebbero i voltafaccia e i comportamenti ambigui, dal Quirinale in giù, che hanno caratterizzato questa vicenda che ha portato discredito sull’Italia e sulla sua diplomazia? Ben tre governi, Letta, Monti e Renzi, si sono succeduti senza che la questione venisse affrontata: solo oggi, tre anni dopo i fatti, peraltro ancora tutti da chiarire, davanti al Tribunale internazionale di Amburgo si è vista una schiarita. L’India si è dimostrata per quella che è: una nazione arrogante, che non rispetta le leggi internazionali, che ha utilizzato i marò per una campagna elettorale, che ha ripetutamente umiliato l’Italia, e che addirittura ha praticamente preso in ostaggio il nostro ambasciatore per costringere i marò a tornare in India. Senza che Roma reagisse: inutilmente le opposizioni, da Fratelli d’Italia alla Lega, hanno urlato le loro ragioni, l’orgoglio italiano, il senso della patria, senza che questa patria rispondesse loro, una patria matrigna che ha abbandonato i suoi militari al proprio destino. Inaccettabile: gli inglesi, gli americani, i francesi, i tedeschi, per fare solo alcuni esempi, non l’avrebbero consentito. Ma è andata così. Ora bisognerà attendere il pronunciamento del Tribunale internazionale sul diritto del mare di Amburgo sulle richieste urgenti dell’Italia a tutela dei due marò, che verrà emesso il 24 agosto, come ha annunciato il presidente del Tribunale, Vladimir Golitsyn, al termine dell’udienza.
La telenovela dei marò avrebbe potuto essere stroncata sul nascere
Commentando il dibattito ad Amburgo, l’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, altro personaggio-chiave di questa vicenda, lasciato solo e messo alla berlina da chi invece avrebbe dovuto proteggerlo e sostenerlo, il suo governo, ha commentato togliendosi qualche sassolino dalla scarpa: «La presentazione dell’Italia mi è parsa efficace, ferma e ricca di puntualizzazioni molto importanti sui fatti come si sono svolti, c’è stata coercizione e uso della forza. Lo ha spiegato bene l’avvocato inglese Bethlehem leggendo gli stessi rapporti indiani». Lo afferma sul caso dei marò l’ex ministro Terzi in un’intervista a Qn. Terzi si riferisce ai rapporti «del pilota dell’aereo Dornier (che sorvolava la petroliera Enrica Lexie, ndr), degli ufficiali sulle navi indiane e il rapporto stilato dall’ufficiale che comandava i poliziotti saliti a bordo. Ha dichiarato di aver tenuto sotto pressione i militari italiani che non volevano rispondere – spiega -. Ha ammesso di aver preteso che accettassero l’interrogatorio. Sono parole che fanno giustizia di molta confusione». Quella dell’arbitrato, precisa, «era la prima carta da giocare e non l’ultima. Si è data la sensazione che l’abbiamo scelta perché non era rimasto nient’altro. Le udienze di Amburgo hanno dimostrato che questa controversia doveva essere gestita in altro modo fin dall’inizio. Ovvero come un conflitto specifico sull’interpretazione della Convenzione sul diritto del mare fra due grandi Paesi che l’hanno ratificata. Era il modo per tenerla separata dal complesso dei rapporti con l’India – spiega Terzi -. Trovo sorprendente che grandi esperti di relazioni internazionali e persone che si ritengono grandi conoscitori dell’India abbiano continuato a mischiare i ragionamenti in questi mesi, che abbiano continuato a sostenere che il premier Modi, un nazionalista, però tiene al rapporto con l’Italia e che quindi sarebbe intervenuto sui magistrati per convincerli a cedere con l’effetto di generare dubbi e creare spazi a chi non voleva far nulla. Il 24 – aggiunge l’ex ministro – i giudici di Amburgo dovrebbero decidere sulle misure cautelari (l’affidamento dei marò a un Paese terzo, ndr). Ho fiducia che non terranno in considerazione un diniego di competenza, come chiede l’India. Fra i comportamenti sconcertanti Lord Bethlehem indica anche la violazione dei diritti del nostro ambasciatore a Nuova Delhi. È il sancta sanctorum dei rapporti internazionali. Non è successo nulla di simile neppure durante la Seconda guerra mondiale».