Ostia è la Corleone di Roma? Di sicuro Buzzi godeva: “Sono tutti corrotti”

2 Ago 2015 10:00 - di Redazione

Per sapere quello che stava succedendo a Ostia sarebbe bastato leggere gli articoli su Repubblica della brava giornalista Federica Angeli, costretta a vivere sotto scorta per aver raccontato come gli affari del Lido di Roma fossero controllati dai clan. A far riflettere, semmai, avrebbe dovuto essere la debolezza della risposta della politica locale: sulla quale ora incombe un rischio gravissimo. Il commissario del municipio Alfonso Sabella, magistrato al quale il sindaco di Roma ha affidato l’assessorato alla legalità, non ha escluso affatto la possibilità che sullo scioglimento di quel municipio, già deciso come conseguenza delle dimissioni di Tassone, possa venire apposto il marchio d’infamia della mafia. Minacce e attentati

Da anni la situazione di Ostia ricorda certe epoche buie di stampo sudamericano.

Minacce, intimidazioni e attentati a chi non si piega alla legge delle cosche locali sono all’ordine del giorno. Senza che la cosa abbia mai destato particolare preoccupazione nei partiti. Come se regnasse una pace fondata su interessi reciproci. «Di fronte alle tré famiglie Fasciani, Triassi e Spada», hanno scritto Federica Angeli e Carlo Bonini, «la politica si è sempre genuflessa con rispetto». Una pace fra i clan, che si sono spartiti le sfere d’influenza. E con la politica prona, per raccoglierne il dividendo di consensi e preferenze. Una pace densa di episodi maleodoranti di cui hanno dato puntualmente conto le cronache dei giornali. Capanni bruciati, stabilimenti balneari incendiati, negozi arrostiti. I roghi non risparmiano neppure gli uffici pubblici. Il 9 gennaio del 2003 era andato in fumo l’archivio dove erano custodite tutte le licenze edilizie. L’anno scorso invece la furia delle fiamme è stata scatenata contro l’ufficio ambiente, quello che si occupa delle spiagge. Un ufficio enorme all’interno della pineta di Ostia, dove si trovavano gli armadi con tutte le concessioni balneari: ridotti ovviamente in cenere insieme al loro prezioso contenuto. Perché la sabbia è l’oro di Ostia. E chi ha la sabbia comanda.

Il Pd di Ostia era un comitato d’affari: Marino dixit

Marino – ricorda Sergio Rizzo su “Il Corriere” – dice che il partito democratico a Roma, ossia la forza che controlla la maggioranza del consiglio comunale, era un comitato d’affari. Se è così, a Ostia doveva essere ancora più grondante di marciume. Abilmente coperto dall’ipocrisia di elezioni primarie con un candidato unico del partito: gli altri erano stati opportunamente scoraggiati con la scusa di non rompere l’unità del pd. Rappresentata, appunto, da Tassone. Quattro circoli su dieci sono stati già chiusi; un paio ancora prima della sconvolgente relazione di Fabrizio Barca sulle tessere finte. E alla fine, a quanto pare, non ne resteranno che un paio.

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