Quella del Pd sarebbe l’Italia migliore? Ma ci facciano il piacere. Meglio Cetto
C’era una volta, e purtroppo c’è ancora, la sedicente “Italia migliore” cui la retorica ufficiale e “de sinistra” oppone da sempre quella “alle vongole”, berlusconiana e per ciò stesso ricettacolo di evasori fiscali, strimpellatori di clacson in ore notturne e parcheggiatori di auto in seconda fila. L’Italia sedicente migliore crede nelle istituzioni pubbliche, soprattutto se inzeppate di buoni compagni, nella cooperazione (absit iniuria…), nel commercio equo e solidale mentre l’altra, quella alle vongole a sua insaputa, è schiava del demone dell’autoaffermazione, della competizione permanente e del profitto. Apposta la prima – sociologicamente parlando – si connota come ceto medio riflessivo, di cui è tuttora icona Romano Prodi, mentre la seconda è il chiassoso ostello degli animal spirits, di cui a buon titolo è santo protettore Cetto La Qualunque, il protagonista di Qualunquemente innalzato dall’attore Antonio Albanese a quintessenza di negativa antropologia berlusconiana.
L’Italia migliore è “de sinistra”, quel “alle vongole” è di destra
Chi quel film lo ha visto ricorderà senz’altro che nel suo comizio da candidato sindaco di Marina di Sotto, immaginaria cittadina della Calabria, Cetto-Albanese rivendica a proprio merito l’indicazione dell’amico “Pino lo straniero” a primario di chirurgia del locale ospedale nonostante fosse sprovvisto persino del titolo di laurea. Che – assicura – non serve: «Basta vedere come Pino sfiletta i delfini che ha pescato la domenica mattina o come impaglia i cerbiatti che ha ucciso la domenica sera». Facile immaginare a quante stiracchiate risatine di compatimento si sia abbandonato il ceto medio riflessivo nel trovare conferma in celluloide dei propri timori e dei propri pregiudizi. Avrà scosso la testa convincendosi che sì, solo da quelle parti abita l’Italia migliore, quella che rispetta le competenze, la professionalità e che mai nominerebbe, neppure come portantino, un “Pino lo straniero”.
Nel Cda la sconosciuta Rita Borioni, il cui unico merito è la tessera del Pd
Chiedere per conferma a Matteo Orfini, pensoso presidente del Pd, che ha infilato nel Cda della Rai tal Rita Borioni il cui unico merito è l’appartenenza a quel partito. Ma poiché il Pd è forza levatrice dell’Italia sedicente migliore, è l’appartenenza stessa a trasformarsi in merito. Lo si evince dalla lettura di una doppia sconcertante intervista, Corriere della Sera e Messaggero, in cui la neo consigliere si autoaccredita una competenza culturale esibendo come un trofeo omerico un ruolo di consulente a Cinecittà Holding affidatale, nel 2007, dall’ex-senatore Alessandro Battisti, compagno pure lui. Un altro per il quale – come quel famoso lassativo di Carosello – basta la parola. Quale? Pd, naturalmente. Ma la Borioni non è l’unica. Lo stesso potrebbe dirsi di tanti, a cominciare da Federica Mogherini, nominata da Renzi prima ministro degli Esteri al posto di Emma Bonino e poi spedita a Bruxelles a rappresentare l’Europa sui tavoli internazionali, con performance assolutamente “dimenticabili”. Il suo merito? L’amicizia con Walter Veltroni, il primo a condurla nel gruppo dirigente con parole adoranti: «Fu subito evidente il suo rigore, le sue basi molto solide, la sua capacità di lavoro. Alla Camera stava seduta accanto a me e la vedevo sempre intenta a studiare un dossier». Sarà pure il demiurgo dell’Italia migliore ma detto senza offesa, almeno in questo occasione, Veltroni somiglia spiccicato a Cetto il “vongolaro”.