Rai, Mentana strapazza Renzi: è come tutti gli altri, altro che rottamatore
La riforma della Rai targata Renzi? Un bluff. Il premier? Come tutti gli altri. A bocciare il provvedimento licenziato al Senato dopo l’incidente di percorso che ha visto il governo andare sotto, è Enrico Mentana. «Non sono deluso perché non mi aspettavo nulla. Questa non è una riforma della Rai, ma una semplice riforma della governance», dice intervistato dal Fatto quotidiano, il direttore del TgLa7.
Rai, una riforma finta
Renzi non è diverso dagli altri – attacca Mentana – la sua rottamazione si è fermata davanti ai cancelli di Viale Mazzini. «Si dice la montagna e il topolino, qui non siamo nemmeno al topolino! Si sarebbe dovuto mettere le mani su tutto il resto: struttura, contenuti, ruolo del servizio pubblico. E mettere una distanza tra la politica e la Rai. Ma questa è una richiesta impossibile da fare ai politici, Renzi compreso». Insomma, per Mentana Matteo Renzi si comporta proprio come i vecchi politici, che non hanno alcun interesse a tirarsi fuori dalla Rai. «Perché mai dovrebbe farlo? Io sono arrivato in Rai nel 1980 e posso dire che per la politica è una cosa assolutamente innaturale separarsi dalla tv di Stato».
Una Gasparri 2.0
La riforma varata dal governo è una Gasparri 2.0. «Si è aggiornata la vecchia legge con qualche modifica, come i maggiori poteri del direttore generale che sarà ancora più legato a Palazzo Chigi. Concordo sul ruolo di capo azienda forte, ma poi bisogna vedere chi ci metti». E ancora: «Il problema di viale Mazzini è che il 99 per cento del suo personale fa parte della vecchia generazione. La Rai andrebbe tutta ripensata e invece sono ancora lì a scannarsi su chi deve fare il direttore delle sedi regionali». Secondo il giornalista per mettere una distanza tra l’azienda la politica ci sono solo due strade: la prima è mettere la Rai sotto il controllo di un’Authority il più possibile indipendente, oppure la privatizzazione.