Sul funerale cafone la gara a chi la sparava più grossa. E l’ha vinta il Pd
Qualcuno, per piacere, stacchi la spina a questa pantomima travestita da politica che ormai non riesce neppure più ad indignare. Qualcuno spenga per sempre questa Italietta ridicola, isterica e talmente incapace di affrancarsi dai bassifondi della propaganda permanente da trasformare persino il funerale di uno zingaro in un affare di Stato. La bolla immobiliare cinese tiene il mondo con il fiato sospeso, ma la politica italiana non sembra preoccuparsene più di tanto. Vuoi mettere? C’è l’affaire Casamonica ed è una goduria non da poco avvitarcisi intorno in un profluvio di chiacchiere vuote, amplificate da annunci roboanti salvo accorgersi all’ultimo momento – e la “lunare” conferenza stampa del prefetto Gabrielli ne è una conferma – che non c’è alcuna “testa da far rotolare” perché nessun reato risulta commesso. Resta la planetaria figura di m…a fatta dall’Italia ma a mettere la cacca nel ventilatore siamo stati noi: il mondo si è solo fatto quattro risate a vedere come ci siamo ridotti.
Sul funerale polverone senza senso
In effetti, in nessun’altra parte del mondo civile le esequie di un cittadino avrebbero occupato per giorni interi quotidiani e tv solo perché il caro estinto aveva chiesto di fare il suo ultimo viaggio in una carrozza funebre trainata da cavalli bardati a lutto sulle note del Padrino. In nessun’altra parte del mondo civile un evento come questo – condizionato come ogni altra cerimonia privata dal gusto e dal decoro di chi ne commissiona l’organizzazione – avrebbe tenuto impegnati parlamentari, ministri, leader di partito, prefetto, questore, carabinieri, polizia, vigili urbani, Enac e persino il Vaticano, in un rutilante turbinìo di chiarimenti richiesti, dimissioni invocate, punizioni annunciate, insomma l’ordinaria ammuina che solitamente prelude all’immancabile scaricabarile istituzionale. All’estero non possono capirlo, ma le polemiche sul «funerale cafone» (copyright assessore Sabella) celavano l’obiettivo di confermare la pretesa mafiosità di Roma anche sotto l’aspetto antropologico. E poiché isteria chiama isteria, subito è scattata la gara a chi la sparava più grossa. L’ha vinta il Pd romano con l’annuncio di una manifestazione al Tuscolano, il quartiere trasformato dal funerale nel set di una macabra pacchianata.
Il Pd scenderà in piazza. Contro Marino?
Resta da capire contro chi e/o che cosa manifesteranno. Contro il morto avrebbe poco senso e alla fine porterebbe pure male. Potrebbero prendersela con i parenti, che tuttavia vincerebbero facile nel trincerarsi dietro il sacro rispetto delle estreme volontà del defunto. Neppure il sacerdote costituirebbe un bersaglio comodo dal momento che non poteva certo rifiutarsi di impartire un sacramento per ragioni estetiche. In conclusione, escludendo che possano urlare slogan contro i cavalli, la banda musicale e l’elicotterista napoletano che dal cielo ha lanciato petali di rosa, agli Orfini–boys non resterebbe che dirottare il corteo sul Campidoglio e chiedere conto della «vicenda gravissima» (copyright Gabrielli) al compagno sindaco, quell’Ignazio Marino che neppure per un attimo ha pensato d’interrompere la sua vacanza caraibica per tornare in sede, attirandosi per questo critiche trasversali e il muto rancore di Matteo Renzi. Marino ci sta sommamente sugli zebedei e non pensiamo di esagerare nel definirlo uno dei sindaci più incapaci d’Italia (e ce ne sono!), ma stavolta gli è andata bene. Alla luce della sconclusionatissima chiusura dell’affaire Casamonica, il fatto che tra Marino e le surreali polemiche che stanno rosolando la “sua” città ci sia di mezzo l’oceano rischia di farlo apparire un gigante a sua insaputa. Un motivo in più per convincerci che siamo caduti veramente in basso.