Auto blindata e due agenti: il Viminale assegna la scorta a Lucia Borsellino
Il comitato per l’ordine e la sicurezza del Ministero dell’Interno ha disposto la scorta per Lucia Borsellino, l’ex assessore regionale alla Salute. Il Viminale ha disposto che la figlia del giudice Paolo Borsellino per gli spostamenti usi l’auto blindata scortata da due agenti. La decisione sarebbe stata presa alla luce dell’attività svolta in questi ultimi anni dall’ex assessore nel campo della sanità regionale. Nei mesi scorsi Lucia Borsellino ha presentato diversi esposti ed è stata ascoltata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dal pm Luca Battinieri in merito alle indagini sul primario della Chirurgia Plastica Matteo Tutino, finito agli arresti domiciliari. L’ex assessore si era dimessa prima delle rivelazioni dell’Espresso e la presunta intercettazione sulla frase che, sosteneva il settimanale, sarebbe stata pronunciata dal medico «va fatta saltare, come suo padre». Intercettazione smentita da diverse procure della Sicilia e dallo stesso presidente della Regione Rosario Crocetta. Un provvedimento quello della scorta che non sarebbe stato accolto con favore dalla figlia del giudice ucciso nella strage di via d’Amelio insieme agli agenti di scorta, che ha sempre voluto mantenere un profilo basso nel suo lavoro e nel suo impegno politico.
Lucia Borsellino e quella frase sulla stessa fine del padre
«Vari sono stati gli accadimenti che hanno aggredito la credibilità dell’istituzione sanitaria che sono stata chiamata a rappresentare quindi della mia persona», scrisse Borsellino nella lettera in cui annunciava il 2 luglio le proprie «irrevocabili dimissioni» dalla carica al presidente Crocetta. «Constato con amarezza – aggiunse – come tali accadimenti abbiano appesantito anche i tempi di raggiungimento di taluni obiettivi di questo governo nell’ambito della salute e dell’assistenza, che costituivano i capisaldi di un programma peraltro condiviso ancora prima della nascita di questa legislatura». L’ex assessore citò il caso della piccola Nicole, la neonata morta nel febbraio scorso, e il caso Tutino. Ed era stato Manfredi Borsellino il fratello di Lucia ad affermare il 19 luglio davanti al capo dello Stato «Mia sorella è rimasta in carica come assessore fino a giugno per amore della giustizia, per suo padre, per potere spalancare agli inquirenti le porte della sanità dove si annidano mafia e malaffare. Da oltre un anno era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte». Crocetta ha sempre ribadito: «Non ho mai lasciato sola Lucia Borsellino, la sua sofferenza e il suo calvario sono stati anche miei».