Assad: «Non sto agli ordini di Obama. Lascio solo se me lo chiede il popolo»
Assad mostra i muscoli agli Usa, e in un’intervista rilasciata a Damasco ai media russi non le manda certo a dire ad Obama, e annuncia apertamente: «Il presidente assume il potere con il consenso del popolo attraverso le elezioni, e se lascia lo fa su richiesta del popolo, non per decisione degli Stati Uniti, del Consiglio di sicurezza dell’Onu, della Conferenza di Ginevra o del comunicato di Ginevra».
Assad replica a Obama
Così, a distanza di qualche giorno dai nefasti proclami americani che non vedono di buon occhio il sostegno militare garantito dalla Russia al regime siriano – è «un grande errore» ed «è destinato al fallimento» ha sentenziato a riguardo Barack Obama – Assad replica con veemenza a Cassandre e opinionisti, sgomeberando il campo da possibili equivoci e facili strumentalizzazioni. «Se il popolo desidera che il presidente rimanga, lui rimane, altrimenti dovrebbe lasciare immediatamente: questa è la mia posizione di principio su questo tema», ha tuonato Assad rispondendo a una domanda sulla sua disponibilità a rassegnare le dimissioni da capo dello Stato, se necessario.
Assad nel mirino?
Del resto, di sassolini enlla scarpa da togliersi Assad ne ha più di uno: tanto è vero che, dopo l’inequivocabili posizione assunta in merito all’ipotesi dimissione, il leader di Damasco aggiunge come, sin dall’inizio della crisi siriana la campagna dei media occidentali si sia concentrata sul fatto che l’intero problema fosse il presidente stesso. «Hanno tentato di dare l’impressione che il problema della Siria derivasse da una persona», ha dichiarato nell’intervista Assad denunciando un’ostilità diplomatica nei confronti del suo ruolo e della sua strategia bellica. Una strategia che poco può continuare a farer a fronte di un esecito di miliziani jihadisti armati fino ai denti e forti – loro sì – di una propanga auto promozionale che ne esalta gesta feroci e risultati conseguiti.
Occidente e Turchia armano i terroristi
Ma Assad non chiude qui: nell’intervista a tutto campo, il repsidente siriano è un fuoco di fila di accuse e recriminazione, denunce e sospetti. E allora, proprio denuncia difficoltà militari e sofferenza dell’esercito di bandiera, il numero uno di Damasco recrimina anche sul fatto che – lo mette nero su bianco nell’intervista – «l’Occidente e la Turchia riforniscono i qaedisti di Jabhat al-Nusra e i terroristi dell’Isis che combattono in Siria di armi, soldi e volontari». Tanto che, senza ricorrere a perifrasi diplomatiche, aggiunge: «La cooperazione tra l’Occidente e Jabhat al-Nusra è un dato di fatto; noi tutti sappiamo che Jabhat al-Nusra e Isis ricevono armi, denaro e volontari dalla Turchia, che mantiene stretti rapporti con l’Occidente».