Furti di rame, sgominata una banda di romeni: 60 colpi in sei mesi
Rubavano rame in capannoni dismessi, sradicavano gli impianti delle aziende abbandonate, asportavano i cavi delle ferrovie, causando l’interruzione del traffico ferroviario, oppure saccheggiavano le cabine elettriche provocando disagi in tutto il Piemonte. Una banda di romeni è stata sgominata dai carabinieri di Torino. Furto aggravato e ricettazione le accuse nei confronti della banda. In sei mesi ha messo a segno 60 colpi, con numerose interruzioni del traffico ferroviario e, lo scorso aprile, il blackout del Comune di Carisio, nel Vercellese. I furti di rame sono divetati una piaga diffusa in tutta Italia, ma in questi ultimi sei mesi il Piemonte è stato massacrato.
Furti di rame: 23 tonnellate in 6 mesi
Ventitre tonnellate di rame, auto, mezzi tecnici e altri materiali per un valore complessivo di 250 mila euro: è il bottino complessivo rubato in sei mesi dalla banda. Per questi episodi i carabinieri della Compagnia di Chieri hanno eseguito una serie di provvedimenti di custodia cautelare, di cui nove in carcere, nei confronti di gruppo di romeni specializzati in furti e ricettazione di rame. La banda sceglieva con cura gli obiettivi, fabbriche dismesse e capannoni industriali, dai quali faceva sparire tutto il rame. Durante un colpo, la banda se l’era presa anche con il cane di guardia alla fabbrica, un pastore tedesco che era stato picchiato a morte.
Anche un cane di guardia picchiato a morte
Durante un colpo, la banda specializzata in furti di rame se l’era presa persino con il cane di guardia alla fabbrica, un pastore tedesco che era stato picchiato a morte. Dalle intercettazioni telefoniche emerge che i ladri chiamavano in gergo “sport estremi” i furti di rame effettuati e che l’ordine era di rubare “dalla più piccola chiave al più grande generatore”. Era una ditta di lavorazione di materie plastiche di Villastellone, nel Torinese, l’obiettivo preferito dalla banda di predoni che l’hanno presa di mira 12 volte. L’azienda ha subito danni, oltre che patrimoniali per i furti subiti, anche organizzativi in quanto è stata più volte costretta a interrompere le attività lavorative. Nell’inchiesta, coordinata dal pm Valerio Longi, emerge che rame e altri metalli venivano poi rivenduti a un ricettatore italiano (l’unico non romeno tra gli arrestati) di 65 anni con un’attività di recupero di materiali priva di qualsiasi autorizzazione a San Maurizio Canavese.