«La Fondazione An non cambi natura»: mozione in vista dell’assemblea

29 Set 2015 17:17 - di Redazione
fondazione an

Una proposta di indirizzo per il futuro della Fondazione Alleanza nazionale in vista dell’assemblea che si terrà a Roma il 3 e il 4 ottobre. A inviarla a tutti gli iscritti, sotto forma di mozione, sono Altero Matteoli, Maurizio Gasparri, Giuseppe Valentino, Marco Martinelli, Alfredo Mantica e Carmelo Porcu, chiarendo che «il testo non è definitivo, quindi siamo ben lieti di ricevere suggerimenti, integrazioni e modifiche che, se condivise, saranno inserite nel testo che verrà presentato il giorno dell’Assemblea».

La Fondazione An «non può essere trasformata in partito»

La premessa da cui partono i firmatari della mozione è che «la “Fondazione Alleanza Nazionale” non può essere trasformata in un partito politico, ma deve mantenere la sua attuale connotazione giuridica di “Fondazione” al fine di perseguire le finalità scaturite e imposte dalle determinazioni congressuali del marzo del 2009». «L’attività della Fondazione – si legge ancora nel testo – deve rispettare le norme di legge e non si possono compiere scelte che aprirebbero inevitabilmente un difficile e non auspicabile contenzioso di carattere legale». I promotori dell’iniziativa forniscono quindi i riferimenti giuridici entro i quali muoversi quando si pensa al futuro della Fondazione e spiegano che «nessuna delle circostanze previste dal Codice Civile, Libro I, capo II, che, agli artt. 27, 28, 29 e 30 stabilisce quali siano le cause di estinzione o di trasformazione della persona giuridica-fondazione, appare ravvisabile nell’ambito della “Fondazione Alleanza Nazionale”, la quale sta assolvendo ai suoi impegni secondo le previsioni statutarie e che è stata riconosciuta con i rituali provvedimenti prefettizi previsti dalla Legge».

Anche l’ipotesi associazione «non è praticabile»

Per Matteoli e gli altri promotori della mozione ne deriva che «l’ipotesi che la Fondazione Alleanza Nazionale possa trasformarsi in qualsiasi modo, a maggior ragione con modalità surrettizie, in un partito politico non appare in ogni caso praticabile perché la Fondazione è “vigilata” dal ministero dell’Interno, attraverso la prefettura, per cui diventa impossibile immaginare che un soggetto giuridico sottoposto alla vigilanza governativa possa svolgere attività che incidano sulla politica nazionale». Non solo, «non sarebbe praticabile, per le stesse motivazioni di cui sopra, la costituzione, e la conseguente dotazione economica, di un’associazione che finirebbe poi per essere presentatrice di liste alle elezioni». «I partiti politici – si legge ancora nella bozza di mozione – sono costituiti da associazioni non riconosciute, dunque, libere associazioni assolutamente autonome nelle loro determinazioni, non sottoposte ad alcun controllo governativo tant’è che anche la recente normativa introdotta dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13 individua nel partito politico una “libera associazione”, dunque, associazioni non riconosciute, escludendo quelle riconosciute e, quindi, le fondazioni». Per questo, «non è possibile ipotizzare che una fondazione possa trasformarsi in un’associazione non riconosciuta sulla base dei principi consolidati nella giurisprudenza».

«Lo Statuto non lo consente»

«Lo stesso estensore dello statuto della Fondazione non ha immaginato una soluzione che consentisse la trasformazione in partito politico, pur prevedendo, in aderenza alle determinazioni dell’ultimo congresso di Alleanza Nazionale, una serie di ipotesi di partecipazioni e collaborazione con altri soggetti giuridici», si legge ancora nel testo proposto agli iscritti, che prosegue sottolineando come «ciò permette l’interpretazione autentica più puntuale dello spirito che ebbe ad animare gli estensori dello statuto, i quali esclusero tale tipo di collaborazione ed a maggior ragione la trasformazione in un soggetto politico».

Non si possono finanziare i partiti

Fra le ipotesi prese in considerazione c’è anche quella «di finanziamenti da parte della Fondazione a un partito politico le cui finalità siano coincidenti con i principi che hanno ispirato la costituzione della stessa Fondazione An». Ma, anche in questo caso, «vigono gli stringenti limiti al finanziamento previsti dall’art. 10, c. 8 del D.L. 149/2013». Dunque, anche questa strada, secondo i promotori della mozione, non è percorribile, perché «non può ipotizzarsi che la Fondazione possa aggregarsi ad un partito politico già esistente o da costituire e perseguire comuni finalità per le evidenti ragioni che si sono già riferite a proposito della vigilanza ministeriale che incombe sulla Fondazione, situazione questa che darebbe luogo, paradossalmente, a un intreccio inesplicabile nel quale una struttura facente capo ad un partito politico (la Fondazione) entrerebbe direttamente nella vita politica in violazione di tutta una serie di norme, introducendo di riflesso, attraverso la Fondazione, una possibilità di vigilanza da parte di organi esterni ed istituzionali (Prefettura, governo) sull’attività del partito dando luogo ad un ibrido in palese violazione con le norme del Codice vigenti e tale da innescare un infinito e doloroso contenzioso».

Non ci sono margini per trasformare la Fondazione An

Dunque, «non essendosi realizzata alcuna delle previsioni di cui all’art. 28 del codice civile che tratta della trasformazione delle fondazioni in altri soggetti giuridici poiché la Fondazione An è attiva ed operante e svolge i compiti e le funzioni che lo Statuto le attribuisce per il conseguimento dello scopo previsto, peraltro, quanto mai vivo ed attuale, anche tale norma si pone ad ostacolo alla trasformazione in partito politico». Infine, «non appare neppure praticabile l’assunzione di un ruolo surrettizio, attraverso un’associazione direttamente controllata, che comunque incida sulla vita di un partito politico e, sostanzialmente, distragga il patrimonio della Fondazione AN dalle molteplici finalità previste dal suo stesso statuto, finalizzate alla tutela ed all’esaltazione del patrimonio politico e morale di cui fu depositaria Alleanza Nazionale prima e, quindi, la Fondazione».

Non solo ragioni giuridiche

Alla luce di questa lunga premessa, i sei promotori della mozione si soffermano anche sul fatto che «non vi sono soltanto queste considerazioni di tipo giuridico, assolutamente insuperabili, a sconsigliare operazioni azzardate e certa causa di un contenzioso legale, ma vi sono considerazioni di carattere politico». «In questi anni – ricordano – tanti esponenti che hanno fatto parte di Alleanza Nazionale hanno fatto scelte legittimamente diversificate, alcuni hanno costituito nuovi soggetti politici, altri operano nell’ambito di partiti che fanno parte dell’area e della coalizione di centrodestra, altri ancora hanno scelto opzioni di natura meramente culturale». Ognuna di queste scelte, viene sottolineato, «è insindacabile, perché ciascuno ha pieno diritto di determinare autonomamente e liberamente le proprie scelte politiche», ma ne deriva il fatto che «che vi sia un partito che più di altri ritenga di collegarsi all’esperienza della destra politica non incide sui beni e sulle attività della Fondazione».

Resti «la casa comune di tutti»

Dunque, per i promotori della mozione «la Fondazione deve rimanere la casa comune di tutti, a prescindere dalla pluralità delle scelte politiche degli associati» e «deve rimanere pronta ad utilizzare i suoi beni e le sue risorse per ravvivare il pensiero politico culturale della destra italiana e dell’area culturale che alla Fondazione stessa fa riferimento, sia in funzione di conservazione della memoria storica, sia in funzione di stimolo al dibattito che investe le nuove generazioni». Largo quindi ad attività come «convegni, celebrazioni, iniziative di formazione, attività culturali di vario genere», che «sono perfettamente in linea con la natura della Fondazione Alleanza Nazionale e con i limiti e le funzioni che le Fondazioni in genere devono assolvere».

Evitare «ulteriori lacerazioni»

«La vita del mondo della destra negli ultimi anni è stata particolarmente travagliata e aggiungere ulteriori ragioni di lacerazioni e di polemica sarebbe una scelta sbagliata e dannosa sotto il profilo della reputazione di una intera comunità. Non gioverebbe a quanti vogliono comunque svolgere delle attività politiche, né a coloro che hanno maggiori interesse per le attività culturali», affermano i promotori della mozione, sottolineando che «esistono in Italia del resto molte fondazioni di origine “politica”, che nulla hanno a che vedere con la vita e l’iniziativa dei partiti politici. Dalla Fondazione Einaudi alla Fondazione De Gasperi… a tante altre, tutte partecipi nel dibattito ideale, culturale, economico del Paese, senza innaturali commistioni».

«Confermare la natura della Fondazione»

Per questo la conclusione del ragionamento che Matteoli, Gasparri, Valentino, Martinelli, Mantica e Porcu propongono agli iscritti è che «si debba confermare la natura della Fondazione che la legge e la storia ci indicano, fermo restando che è opportuno rivedere alcuni aspetti organizzativi della Fondazione, garantendo un sempre più ampio coinvolgimento degli iscritti affinché la vita democratica degli associati, la possibilità di ciascun avente diritto di accedere alle risorse e al sostegno della Fondazione trovino concreta attuazione».

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