L’Istat “regala” uno 0,2 in più di crescita. Ma Renzi non ha motivo di gioire

1 Set 2015 14:04 - di Corrado Vitale

L’Istat, nel suo ultimo rapporto, rivede i conti dei primi due trimestri del 2015 e porta a +0,7 la crescita del Pil, si base annua da +0,5 della stima precedente.  Si tratta di una variazione minima, che non assolve certo la politica economica del governo. L’Italia rimane al di sotto della crescita europea. La spinta al Pil italiano dipende comunque da fattori esterni (discesa del prezzo del petrolio, immissione di liquidità da parte della Bce), non certo dal jobs act o dalle altre misure varate da Renzi. Né c’è da brindare più di tanto alla diminuzione  del tasso di disoccupazione, sceso di un punto (12%). Su questa variazione statistica incide infatti l’aumento degli inattivi, cioè degli sfiduciati che rinunciano a cercare lavoro e che quindi non possono più essere considerati disoccupati.

L’ingiustificato trionfalismo di Renzi per i dati Istat

Tanto basta però a Renzi e alla maggioranza per fare sfoggio di trionfalismo. Il premier affida anche a un video il suo commento dei dati Istat:  “Quello che è importante è che l’Italia è ripartita dopo che negli ultimi anni è come se avesse avuto la ruota bucata e una caduta in discesa”.  Ostenta soddisfazione anche il ministro dell’Economia Padoan. “Con stime ragionevoli e affidabili le finanze pubbliche sono sotto controllo e ci permettono di dare respiro alla ripresa”

Brunetta: «Centomila inattivi in più»

A riportare tutti alla realtà è Renato Brunetta.  “Sembrano buoni dati quelli dell’occupazione ma forse non è così. Oggi l’Istat ha pubblicato i dati mensili sul mercato del lavoro e per il governo Renzi sembra una buona giornata dopo mesi di notizie negative. Tuttavia una lettura meno trionfalistica e più attenta dei numeri dovrebbe indurre alla prudenza”. “Certamente – prosegue – è importante il calo forte dei disoccupati – quasi 150mila in un mese – che porta il tasso di disoccupazione al 12 per cento, ma il governo dovrebbe ricordare che il gap con la Germania rimane significativo, visto che lì il tasso di disoccupazione è sotto il 5 cento; che continuiamo ad avere oltre 3 milioni di disoccupati; e che nell’arco annuale la riduzione è molto più contenuta, neanche un punto percentuale. Nondimeno il prof. Renzi dovrebbe ricordare che un tale crollo della disoccupazione a luglio potrebbe essere il risultato della minore propensione a cercare lavoro, quel fenomeno chiamato ‘scoraggiamento’ che tanto caratterizza il mercato del lavoro italiano. E lo dovrebbe ricordare pensando al fatto che gli inattivi aumentano quasi nella stessa dimensione (+100mila), un segnale niente affatto incoraggiante. Sul versante dell’occupazione i progressi sono minimi, solo 44mila occupati in più, e recuperano le perdite degli ultimi mesi”.

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