‘Ndrangheta, un bambino di 11 anni svela nomi e traffici e fa tremare i boss

28 Set 2015 14:59 - di Giorgia Castelli

È solo un bambino di 11 anni, ma fa tremare la ‘ndrangheta e non solo. Seguendo l’esempio della madre ha iniziato a collaborare con la giustizia e riempiendo verbali su verbali davanti al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giulia Pantano. È figlio maggiore di Gregorio Malvaso, 37 anni, capo della cosca calabrese di San Ferdinando, arrestato ad ottobre dell’anno scorso dai carabinieri nell’ambito dell’operazione Eclissi.

Il bambino:  ho visto le armi, la droga era nel garage

In uno dei verbali Nicola (il nome è di fantasia) ha raccontato: «Mio papà faceva parte di questa cosca. Papà faceva quello che voleva all’interno della cosca, era il braccio destro del capo». Quando il pm ha chiesto al bimbo cosa ha visto fare a suo padre e agli uomini della cosca, il ragazzino ha risposto: «Li ho visti fare tutto, tutto quello… so tutto quello che avete trovato: le armi, i capis avete trovato, i capis sono i bossoli».  E poi ancora: «Ho visto la droga, le armi, pistole più che altro, fucili mai… la droga l’ho vista sempre nel garage, in giro non l’ho mai vista. Una volta ho visto l’erba, ma questa droga era polvere, non so come si chiama, loro la chiamavano così, era bianca, era di tutta la cosca, di tutti quelli che hanno arrestato». Nicola è stato abituato, riporta Repubblica, a maneggiare pistole sin da quando era piccolo piccolo, sa bene cos’è la droga e come si chiede il pizzo. Il suo era un destino segnato, sarebbe diventato uno di loro, un picciotto delle ‘ndrine.

Anche la madre collabora con la giustizia

Da quando sua madre Anna Lo Bianco si è pentita, il piccolo non ha risparmiato nulla e ha rivelato tutto ciò che sa: dai nomi dei membri del clan alla divisione dei ruoli, dai “giri” con la cosca alle partite di droga, fino alla consegna della sua scheda telefonica utilizzata in passato anche dal padre. Da quattro mesi il bambino vive lontano dalla Calabria, in una località protetta, con un altro nome, insieme ai due fratelli più piccoli e alla madre. La donna, quando ha chiesto di parlare con i pm, ha detto che «mi trovo qui per i miei figli, non voglio che crescano secondo ideali e valori sbagliati».

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