Parte dalla Toscana la sfida a Renzi per la leadership del Pd
Non c’è solo il fronte delle riforme costituzionali a tenere impegnato Matteo Renzi sulla linea del fuoco. L’avvicinarsi del congresso del Pd, fissato per il 2017, rischia infatti di realizzare una saldatura tra i malpancisti dei gruppi parlamentari e i dissidenti annidati nel partito, a dimostrazione che l’ex-Rottamatore sta deludendo sia come premier sia come leader. Ordinaria e fisiologica dialettica interna, si dirà. E in parte è vero. Ma quel che Renzi probabilmente non s aspettava che a lanciare la sfida per la guida del partito fosse un toscano come lui, anzi il presidente della Regione, quell’Enrico Rossi che non sta trascurando nulla pur di porsi come seria e credibile alternativa all’attuale leadership.
Il governatore Rossi si candida a segretario contro Renzi
Rossi ritiene di avere tutte le carte in regola per sfondare: si dichiara «non antirenziano» ma nello stesso tempo l’unico in grado di rianimare una sinistra interna senza fiato e senza idee: «Non vedo – ha dichiarato il governatore della Toscana al Quotidiano Nazionale – chi sappia davvero impersonare una proposta alternativa, che non sia antirenziana in modo pretestuoso, a prescindere, ma che raccolga quel mondo di sinistra che sta alla base dei valori fondativi del Pd, di sinistra e non solo. Penso ai cattolici democratici». E la “vecchia guardia” dei Bersani e dei D’Alema? «Ha posizioni troppo ferme e animate da spirito di rivincita – puntualizza Rossi -, come mi pare stia accadendo sulla riforma del Senato o è stato sul Jobs Act». A suo giudizio, invece, il governo Renzi «va aiutato in tutti i modi, con spirito unitario».
E sul ddl Boschi Zagrebelski dà la carica alla minoranza dem
Che tenuta del governo e unità del Pd siano legati a filo doppio lo confermano anche le manovre in corso sul ddl Boschi relativo alle riforme costituzionali. Qui a tenere banco è il tema dell’elettività del Senato. Il pallino è in mano al presidente Grasso. Sarà lui a stabilire se far rivotare l’articolo 2. In tal caso, la riforma di Renzi rischia seriamente di essere impallinata dal vasto fronte costruito dall’opposizione con dentro anche la minoranza ddm. Il tema, già caldo, è stato reso incandescente dalla lettera appello di Gustavo Zagrebelski al Fatto Quotidiano in cui ha equiparato il testo del governo al «suicidio assistito della Costituzione». Parole fortissime, che hanno già indotto Bersani a far presente che di fronte alla Costituzione «non c’è disciplina di partito che tenga». Gli fa eco Miguel Gotor, che definisce le voci di scissione «drammatizzazioni false, passate ai giornali con le veline».