Per fermare l’invasione, bisogna fare la guerra all’ISIS? Il dilemma europeo
“È difficile non concordare sul fatto che gli europei abbiano un interesse vitale alla sconfitta dello Stato islamico (condizione necessaria, oltre a tutto, perché si trovi una soluzione di compromesso in Siria). C’è chi pensa che occorrerà aspettare la nuova Amministrazione americana e un radicale cambiamento della strategia statunitense in Medio Oriente. Ma se gli europei, per lo meno, si chiarissero le idee fra loro, potrebbero poi parlare agli alleati americani, quale che sia il presidente in carica, con una voce sola. Ci sono eccellenti ragioni morali (fermare lo sterminio di esseri umani, nonché la distruzione di un patrimonio culturale che appartiene a tutti) per voler mettere alle corde lo Stato Islamico”, scrive Angelo Panebianco su “il Corriere della Sera”.
Sarà difficile sconfiggere l’ISIS senza fargli una guerra vera, non solo a chiacchiere
Sembra quasi che la nostra ricetta diplomatica consista nel tentare di sfinire il nemico a chiacchiere nella speranza che, alla fine, per disperazione, si suicidi. Sembriamo ignorare che, nelle zone di guerra, non può avere successo alcuna azione diplomatica che non sia sorretta dalla forza militare e dalla disponibilità a fame uso. Federica Mogherini, l’alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, dell’Europa fa propria anche la fragilità, quando immagina, ad esempio, che la guerra in Siria possa essere semplicemente risolta facendo sedere le parti intorno a un «tavolo» (Corriere della Sera, 6 settembre). Come se, in guerra, non siano gli esiti dei conflitti armati a decidere se e quando, e con quali carte negoziali in mano, le parti combattenti si renderanno disponibili a trattare.
Sfruttando l’inerzia occiden tale, gli «scarponi sul terreno» li sta mettendo Putin.
Forse, come pensano certi analisti militari, le forze che egli è in grado di schierare possono servire solo a puntellare il regime di Assad, non a infliggere, in alleanza con gli iraniani, duri colpi allo Stato islamico. Forse è dawero così. Ma, di sicuro, più il tempo passa senza che gli occidentali siano capaci di scuotersi e di dotarsi di una strategia plausibile, più il loro spazio di manovra andrà a ridursi. Proprio in un’area cosi vitale per la sicurezza europea. In un certo senso, possiamo dire che noi europei (soprattutto noi europei occidentali) siamo vittime del nostro successo. Abbiamo alle spalle il più lungo periodo di pace della storia d’Europa. È umano che ciò abbia creato in tanti, forse nella schiacciante maggioranza, la falsa convinzione che la pace di cui godiamo appartenga all’ordine naturale delle cose, che essa non sia — come invece è — il frutto di equilibri che possono in qualunque momento spezzarsi. Gli europei (con la parziale eccezione di francesi e inglesi) sembrano ormai largamente inconsapevoli del fatto che la pace, per durare, debba essere tutelata dalla forza e dalla volontà di usarla contro le minacce.