80 anni fa nasceva Tatarella: ripartire dalla sue idee per battere la sinistra

17 Set 2015 8:56 - di Mario Landolfi

Dire che i cimiteri abbondano di persone indispensabili è esercizio di sana ironia cui siamo avvezzi praticamente da sempre. Che esistano, tuttavia, persone la cui mancanza continua ad essere percepita come incolmabile, è verità difficilmente confutabile. Per chi milita politicamente a destra un esempio in tal senso è senz’altro Pinuccio Tatarella, che proprio oggi avrebbe tagliato il traguardo degli 80 anni. Purtroppo, il suo cuore non gli consentì di vedere il nuovo secolo: si fermò nel ’99 quando di anni ne aveva solo 63. Di Tatarella, del suo acume politico e del suo contributo all’introduzione e al consolidamento della cultura bipolare nel nostro sistema politico si è detto e si è scritto molto in questi anni. Anche da sinistra.

La insostituibilità di Pinuccio Tatarella

Quel che invece non è stato mai sufficientemente evidenziato, nonostante abbia molto a che fare con la sopravvenuta crisi politica della destra italiana, è la sua “insostituibilità”. Pinuccio Tatarella non fu solo il primo vicepresidente del Consiglio di estrazione missina (l’unico ad aver presieduto un Consiglio dei ministri) o l’instancabile animatore di giornali, riviste e periodici  o ancora il “ministro dell’Armonia” allergico ai poteri forti, ma – soprattutto – fu il paziente e abile tessitore di rapporti politici a tutto tondo che servirono ad Alleanza Nazionale a camminare sulle proprie gambe, senza aver bisogno di spinte o di rimorchi. Un lavoro oscuro, sottratto alle luci della ribalta. Da regista travestito da mediano più che da centravanti. Tatarella non andava in tv. Detestava la visibilità poiché la reputava inversamente proporzionale al peso politico. Un personaggio decisamente non in linea con la nascente Seconda Repubblica tutta lustrini e dichiarazioni a gogò. Sarà forse anche un caso ma è un fatto che la prima prova affrontata da An senza Tatarella – le Europee del 1999 – costò alla destra un pesantissimo arretramento elettorale rispetto alle consultazioni politiche di tre anni prima. Che cosa era accaduto di tanto irreparabile in così pochi mesi? Beh, la Direzione Nazionale (e non solo Gianfranco Fini) aveva arruolato per le elezioni Mariotto Segni, che decise di imperniare la propria campagna elettorale contro Silvio Berlusconi mentre questi attaccava il governo D’Alema, e inserito l’Elefantino nel simbolo. Risultato: gli elettori non gradirono l’innesto che ci costò cinque punti percentuali in meno e l’avvio di un’ansia di rivincita sul “principale alleato” che neppure il varo del Popolo delle Libertà, dieci anni dopo, sarebbe riuscito ad estinguere.

Pinuccio Tatarella paladino della cultura bipolare

In politica non servono i “se”, ma è molto probabile che con Tatarella in campo quegli strappi nel centrodestra non sarebbero stati compiuti. Troppo convinto, il politico pugliese, della necessità di rafforzare la fragile cultura bipolare in un’Italia perennemente in bilico tra tartufismo governativo e velleitarismo estremista per immaginare scatti e svolte poco coerenti con l’iniziale impostazione che a Fiuggi aveva portato alla nascita di Alleanza Nazionale. Nell’attuazione della sua strategia – l’unità di tutte le forze alternative alla sinistra – la destra non poteva e non doveva venire percepita come periferica o aggirabile. Nessuna sudditanza verso Forza Italia. Piuttosto una sana competizione a chi meglio e di più avrebbe rafforzato l’area comune, la coalizione. Si sarebbe poi incaricato il tempo – era lo sviluppo logico del suo ragionamento – di assegnarne la leadership. Quel tempo, invece, gli fu negato. E anche per questo, per la prematura scomparsa di quel tostissimo “mediano” che oggi, nonostante tanti centravanti, l’intero centrodestra non riesce più ad andare in gol.

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