Trump vs Bush: «Siamo negli Usa: parla inglese». E gli ispanici insorgono…
Donald Trump continua a infiammare gli americani. A destabilizzare gli avversari. A confondere e smentire i sondaggi e la loro logica. E quando ancora non ha finito di assestare la stoccata a qualunque possibile detrattore, competitor o elettore – per lui sembra non fare differenza – ecco arrivare l’ennesimo attacco al rivale: l’erede designato al trono presidenziale dei Bush, Jeb, che l’ex costruttore amminisce dicendo: «Dovrebbe dare l’esempio e parlare in inglese fin quando è negli Stati Uniti». E media e social ringraziano per i fuochi d’artificio scoppiati immediatamente dopo l’attacco elettorale…
Donald Trump vs Jeb Bush
Una frase, due bersagli colpiti: Trump fa strike buttando giù il birillo del popolo repubblicano che punta su Bush, e quello dell’elettorato ispanico. Il miliardario americano, infatti, attaccando il competitor Jeb, sferra la stoccata al rivale e torna a colpire una possibile parte del suo elettorato, gli isapnici, scatenando ancora una volta la loro ira. «Bush dovrebbe dare l’esempio e parlare in inglese fin quando è negli Stati Uniti», ha tuonato colui che diventa di ora in ora sempre più un protagonista della scena mediatica, infierendo sul rivale, candidato sostenuto dall’establishment repubblicano, ma decisamente molto meno amato dalla base repubblicana. Il riferimento, naturalmente, è ad alcune frasi in spagnolo pronunciate dall’ex governatore della Florida durante un comizio elettorale. Ovviamente, la risposta di Bush non è tardata ad arrivare.
Elettorato latino: l’ago della bilancia?
Per l’ultimo apsirante alla Casa Bianca della famiglia presidenziale, infatti, quelli di Trump sono veri e propri «insulti»: «Le persone che vengono in questo Paese per realizzare un sogno – ha detto Bush – spesso iniziano la loro avventura non parlando in inglese, ma imparandolo nel tempo», ha ribadito rispedendo al mittente l’invettiva di Trump. Una constatazione strategicamente efficace che però Trump ha prontamente provveduto a destituire di fondamenta con il richiamo all’ordine patriottico. Del resto, non è neppure la prima volta che Donald Trump si mostra impavido nemico di diverse categorie etniche che animano il melting pot statunitense, di cui il miliardariom Usa mostra di sottovalutare, o di non voler considerare, la portata elettorale. E se è vero che a oltre un anno dalle presidenziali Usa la lotta interna al partito repubblicano per la nomination spinge i competitor ad affilare gli artigli, è altresì vero che, spesso, molte di queste armi dialettiche e di questi strali propagandistici rischiano di ritorcersi contro chi le sferra più di altri. E allora, non è un caso se gli ultimi sondaggi dicono che l’82% dell’elettorato latino negli Usa, divenuto sempre più determinante per la conquista della Casa Bianca, è ormai abbastanza fermamente contro Trump. Anche se, un’altra indagine sondaggistica, vuole comunque Trump in vantaggio su Bush. La variabile impazzita che regna sovrana anche nella matematica percentuale rimescolerà le carte sul tavolo elettorale? Agli elettori americani l’ardua sentenza: l’unica certezza del momento è che comunque, per quanto polemico, poco diplomatico e inusualmente strategico, Donald Trump continua a dominare il centro della scena…