Assad, grazie a Putin l’Isis è stato frenato. Ora serve la politica
Assad vola da Putin: in agenda, naturalmente, l’annosa questione siriana al cui interno il leader del Cremlino sta esercitando un ruolo strategico contro i miliziani jihadisti agli ordini del Califfo e contro i rivoluzionari anti-regime. Quello a Mosca, scrivono a margine del resoconto dell’incontro i media, è il primo viaggio lampo all’estero di Assad dal 2011, Assad che, al momento, è già rientrato. Un vertice che dimostra, una volta di più, che l’asse Mosca-Damasco è più solido che mai e che, dopo l’intervento bellico, Putin punta ad avere in Siria anche un importante ruolo nel processo politico di transizione, confermando l’intenzione della Russia di sfidare l’Occidente – America in particolare – in Siria.
Assad da Putin: vertice sulla Siria
Al centro dei colloqui tra il presidente siriano e Putin, dunque, le operazioni militari della Russia in Siria. «Martedì sera il presidente della repubblica siriana Bashar al Assad era in visita di lavoro a Mosca», ha annunciato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, aggiungendo come il colloquio sia stato «lungo ed esaustivo». Fulcro del summit a due, la richiesta mossa al presidente russo da Assad in merito alla necessità di «affiancare alle operazioni militari una soluzione politica della crisi in Siria». Per risolvere la crisi siriana, infatti, è necessario coordinare l’intervento militare a un fine lavoro diplomatico internazionale, o – come sostenuto e rischiesto a Putin dal leader siriano – «un processo politico con la partecipazione di tutte le forzein campo, i gruppi etnici e quelli religiosi». E per questo, assicurano da Mosca, la Russia è pronta a «dare il proprio contributo non solo durante le azioni belliche di lotta al terrorismo, ma anche durante il processo politico». «La Siria – ha specificato Putin – per noi è un paese amico; siamo pronti a dare il nostro possibile contributo… naturalmente – ha precisato il leader del Cremlino – in contatto stretto con altri paesi del mondo e della regione, che sono interessati a una soluzione pacifica del conflitto».
I risultati della lotta al terrorismo
Si vis pacem, para bellum, dicevano i latini: e allora, mentre si parla di processo di pacificazione e di risoluzione da trovare al tavolo diplomatico tra le forze politiche in gioco, il terreno di scontro effettivo è soprattutto quello bellico, dove nella lotta al terrorismo, ha ricordato Putin, «il popolo siriano praticamente da solo oppone resistenza già da alcuni anni», «subendo delle notevoli perdite». Difficoltà arginate – ha aggiunto il leader del Cremlino nell’incontro con Assad – solo negli ultimi tempi dal raggiungimento anche di «importanti risultati positivi». Anche perché – ha ricordato il presidente russo – su richiesta del governo di Damasco, Mosca fornisce «aiuti efficaci al popolo siriano nella lotta al terrorismo internazionale, che – sono sempre parole di Putin – ha scatenato una vera guerra contro la Siria». La conferma degli esiti immediati e positivi dell’intervento di Mosca nella guerra all’Isis, arriva insomma proprio da Vladimir Putin, e non solo. Se non fosse stato per la Russia, infatti, i tagliagola del Califfato e gli altri gruppi terroristici che operano in Siria avrebbero «occupato territori molto più vasti», ha rincarato la dose il presidente siriano Bashar al Assad che poi, a stretto giro, ha naturalmente espresso «enorme gratitudine a tutte le autorità della Federazione russa e al popolo russo per l’aiuto fornito alla Siria», ribadendo, ancora una volta, come «tutti i passi politici intrapresi dalla Federazione Russa sin dall’ inizio della crisi» abbiano «evitato agli eventi in Siria» di raggiungere un livello «ancora più tragico». «Naturalmente – ha quindi chiosato il presidente siriano – ognuno capisce che ogni azione bellica prevede dei passi politici ulteriori», e che «l’obiettivo comune per tutti deve essere quello di vedere il popolo siriano nel futuro del proprio paese».
Sarebbero almeno 4000 i foreign fighter russi
E non sono neppure da sottovalutare le notizie emerse a margine dell’incontro tra Assad e Putin: tra le varie, allora, il dato secondo cui sarebbero 4.000 le persone provenienti dai paesi dell’ex Urss che combattono per l’Isis e altri gruppi terroristici in Siria. «Noi naturalmente – ha dichiarato il leader russo – non possiamo permettere che costoro, dopo aver fatto esperienza di combattimento e dopo essere stati condizionati ideologicamente appaiano in territorio russo». Solo pochi giorni fa, peraltro, Putin aveva stimato tra le 5000 e le 7000 le persone provenienti dalla Russia e dai Paesi della Csi che combattono per i terroristi attivi in Siria, armati di morte e corazzati di propaganda: un’arma che le forze alleate contro i miliziani jihadisti non devono mai trascurare. Intanto, in spregio di false voci e proclami inattendibili divulgati dai jihadisti del terrore, il ministro della Difesa russo, Serghiei Shoigu ha ricordato che l’esercito siriano col «sostegno aereo» russo «è passato dalla difesa all’offensiva, e ha liberato una parte del proprio territorio che era sotto il controllo dei miliziani dello Stato islamico. Pensiamo – ha aggiunto il ministro – anche in futuro di fornire sostegno alle autorità legittime siriane e di creare le basi per la soluzione del conflitto».