Condannato a morte in Florida, rifiuta l’iniezione: «Voglio la sedia elettrica»
Un condannato a morte della Florida ha chiesto di finire i suoi giorni sulla sedia elettrica: è la prima volta in quasi due decenni. L’iniezione letale, con i ripetuti ricorsi in tribunale e le polemiche sulla sua “affidabilità”, prenderebbe troppo tempo e Wayne Doty, 42 anni di cui 14 passati nel braccio della morte dopo aver ucciso un compagno di carcere, vuole bruciare i tempi per «ritrovare la sua libertà spirituale». L’obiettivo è morire il prima possibile, ha spiegato Sean Fisher, un detective privato che in passato ha lavorato per Doty: «Teme che l’iniezione letale sia decretata incostituzionale». Il Dipartimento alle prigioni della Florida sta studiando la pratica. Le esecuzioni nello stato sono state sospese per mesi a causa dei ricorsi sulla costituzionalità dell’iniezione letale, ma dovrebbero riprendere giovedì dopo che la Corte Suprema ha respinto l’ultimo appello di un gruppo di condannati. Doty stava scontando un ergastolo per omicidio, quando aveva ucciso un compagno di cella, da qui la successiva condanna a morte. La Florida è uno degli otto Stati che hanno mantenuto l’opzione di mettere a morte condannati con la sedia elettrica, metodo sui cui è tornato il Tennessee proprio a causa dei ricorsi contro l’iniezione.
Sedia elettrica: gli orrori delle ultime due esecuzioni
In Florida tuttavia è da 16 anni che la sedia, soprannominata “Ol’ Sparky” (vecchia scintilla) non viene usata. Fu mandata in pensione dopo due esecuzioni mal riuscite. L’ultima volta nell’estate del 1999: Allen Lee Davis, condannato per l’omicidio di una donna incinta e dei suoi due bambini, pesava oltre 180 chili. La corrente elettrica non era stata abbastanza forte da uccidere all’istante una persona di quella mole. Quando 2300 volt hanno colpito Davis, dal suo volto è sgorgato sangue, che gli aveva completamente imbrattato il collo della camicia e il petto quando è stato dichiarato morto. Un altro episodio, altrettanto raccapricciante, si era verificato nel 1997. La testa di un condannato, Pedro Medina, prese fuoco per un cattivo funzionamento del casco che si mette sulla testa dei condannati. L’episodio provocò un immediato blocco delle esecuzioni e mesi di polemiche sulla necessità di offrire una pena di morte “umana”.