Ignazio Marino se ne deve andare: a Roma ormai la misura è colma
Basta. Ignazio Marino se ne deve andare. Il Sindaco di Roma, dopo le ultime, caustiche frasi di Papa Francesco, dopo le bugie sull’invito (mai avuto) e sulle spese sostenute dal comune, ha perduto ogni residuo titolo e ogni minimo diritto a rappresentare la Città Eterna. E seppure il suo sponsor, il compagno Matteo Orfini, già ragazzo di bottega di D’Alema e adesso presidente del Partito della Nazione di Renzi e Verdini, continua a fingere di non accorgersene, la situazione non è più sostenibile. Marino se ne deve andare. E siccome non vuole, perché è furbo e fiuta la possibilità di restare, deve essere sfiduciato. Almeno dalle opposizioni. In un sussulto di dignità che inspiegabilmente tarda ad arrivare e che invece le deve convincere a lasciare in Campidoglio solo Marino e i suoi complici piddini. Ecco cosa serve a Roma. Una precisa assunzione di responsabiltà della politica, uno scatto in avanti che cacci via questo personaggio incapace e dannoso. Perchè lui Marino, seppur da solo, rimane dov’è. L’ha detto e ridetto. E lo ribadisce ogni giorno. Più figure di cacca accumula più fa spallucce. Più si assommano le inadempienze e i drammatici problemi della Capitale più lui si mostra ilare e beato. Al punto che non si capisce oramai nemmeno più se quella proposta dal comico Crozza sia la parodia o l’originale. L’ultima in ordine di tempo l’ha spiattellata in Rai. Segnatamente a “Unomattina“, nel corso di una intervista di una piaggeria tale che, al confronto, quelle della vituperata Barbara D’Urso sembrano lezioni di giornalismo d’inchiesta. Tronfio e pieno di se, Ignazio (o, come dice Dagospia, Ignaro) ha spiegato come vede la cosa: ovvero, che se la domanda posta al Santo Padre sull’ipotetico invito del Sindaco di Roma negli Usa, l’avessero fatta a lui, avrebbe risposto: ”Non è questo lo scopo del viaggio e della conferenza stampa”. Se fosse stato Papa, lui. Perchè ormai il suo senso del limite è evaporato. E perciò che se ne deve andare. E subito.