Italiani a bombardare l’Isis? Ma se in Iraq i nostri Tornado sono disarmati…

7 Ott 2015 16:03 - di Giovanni Trotta

Come ogni volta in cui l’Italia è chiamata a intervenire in qualche teatro caldo, scattano furiose le polemiche politiche. I nostri aerei devono o no bombardare le posizioni dell’Isis? Per ora la cosiddetta coalizione di risultati in Siria ne ha ottenuti pochi, al contrario della Russia, che sta mettendo in seria difficoltà il CaliffatoInherent Resolve, la missione a guida americana di base in Kuwait, per la verità si serve anche di quattro Tornado italiani, che però in Iraq volano completamente disarmati, ossia non hanno licenza di bombardare. Tutti sostengono che la decisione di fare qualcosa di più in Iraq e in Siria dovrà passare per il parlamento, e su questo non si discute. Le posizioni sono le solite: Grillo e l’estrema sinistra sono contrari a un nostro impegno più definitivo in Medio Oriente, mentre il Pd di Renzi è più interventista, anche perché Matteo l’ha promesso a Obama. Qualcuno fa notare che se l’Italia bombardasse le posizioni dell’Isis, nel nostro Paese occorrerebbe innalzare l’allerta, perché il rischio di attentati fondamentalisti di ritorsione sarebbe estremamente concreto. L’aereo che dovremmo utilizzare per fermare l’Isis è il famoso Tornado Multi Role Combat Aircraft, un velivolo costruito nei lontani anni Settanta da un consorzio formato da Regno Unito, Germania Ovest e Italia. Ne sono stati prodotti mille esemplari, andati perlopiù all’Inghilterra e all’Arabia Saudita. L’Italia dovrebbe averne un’ottantina, di cui una decina utilizzati per l’addestramento.

I cacciabombardieri Tornado risalgono agli anni Settanta

Finora i nostri Tornado sono stati utilizzati in missione di guerra in quattro diverse circostanze:  il battesimo di fuoco dei cacciabombardiere avvenne nella prima guerra del Golfo, nel 1991, ma non fu un’esperienza molto felice. In una delle prime uscite, nel gennaio 1991, il Tornado pilotato dall’allora maggiore Gianmarco Bellini con Maurizio Cocciolone navigatore non fece ritorno alla base dopo una missione notturna nella penisola arabica. Fu colpito e abbattuto dalla contraerea nemica. Bellini e Cocciolone si salvarono grazie al seggiolino eiettabile e furono catturati dagli iracheni. Miglior successo nel 1999, quando il governo D’Alema li mandò nella missione Nato a bombardare la Serbia e obiettivi serbi in Kosovo.  Nell’ottobre 2008 poi furono inviati i primi quattro Tornado italiani in Afghanistan, sempre nell’ambito della missione Nato. All’inizio con funzioni di sorveglianza e ricognizione, in seguito – dalla primavera successiva – anche con licenza di bombardare. Infine, nel 20 marzo del 2011 decollò da Trapani la prima coppia di Tornado per partecipare ai raid voluti a tutti i costi dai francesi in Libia e in seguito decisi da una coalizione internazionale contro il regime di Gheddafi. Negli oltre sette mesi di “guerra” in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011, i velivoli italiani portarono a termine circa 1.900 sortite. Le missioni di bombardamento vero e proprio furono ben 456. L’anziano cacciabombardiere – entrato in servizio nel lontano 1982 – dovrà essere sostituito nei prossimi anni dall’F35.

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