Milano, parte l’esposto di Pro Vita contro il mercato dell’utero in affitto
Ora è ufficiale, l’Associazione Pro Vita insieme a molte altre sigle hanno presentato un esposto all’autorità giudiziaria contro la “compravendita” di bambini, ovuli e utero in affitto che avrebbe luogo in pieno centro di Milano, come già segnalato dall’associazione diretta da Toni Brandi. La vicenda è agghiacciante oltreché illegale e ora la denuncia alla procura della Repubblica potrà andare a fondo sulla triste vicenda di un “mercato” immorale per le modalità con le quali viene imbandita questa “fiera dei bambini”. Alla petizione promossa da Pro Vita si sono aggiunti il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, Manif Pour Tous, Age, AGeSC, “Voglio la Mamma” di Mario Adinolfi ed altre Associazioni che si battono contro l’approvazione delle unioni civili omosessuali. Sono state già superate le 130.000 firme.
Utero in affitto al centro di Milano
La vicenda ha dell’agghiacciante. Il 23 settembre scorso il dottor Daneshmand della Fertility Clinic di Los Angeles è stato a Milano per 24 ore, al fine di tenere un incontro esclusivo organizzato dall’associazione “Prepara” nel centro della medesima città per parlare di GPA (Gravidanza per altri), il nome politicamente corretto per indicare l‘utero in affitto. Nonostante la legge n. 40/2004 vieti la commercializzazione di gameti e la realizzazione, pubblicizzazione e organizzazione della maternità surrogata, in Italia, di fatto vengono tenuti incontri e seminari semiclandestini che si rivelano una vera e propria “promozione” di utero in affitto, come ha raccontato una coppia che, letto l’annuncio di un incontro che si sarebbe tenuto a Milano il 23 settembre 2015 dal titolo “Gestazione per altri. Un aperitivo con il dottor Said Daneshmand”, sono riusciti a farsi invitare perché interessati. Il dottor Said Daneshmand è un ginecologo specializzato in riproduzione assistita ed ha illustrato le modalità di fecondazione eterologa tramite la quale una donna si fa fecondare e porta avanti per altri una gravidanza; oppure si fa inserire in utero un ovulo fecondato di altra donna, per poi cedere – sia nell’uno o nell’altro caso – al “committente” il figlio partorito. È una pratica – legale in alcuni Stati, ma vietata in Italia – a cui si rivolgono coppie sterili, single e coppie omosessuali. Insomma, un “mercato nero” della gravidanza a tutti gli effetti.
La testimonianza
I due hanno raccontato che l’incontro sembrava essere una mera conferenza, anche se qualche perplessità destava il riserbo con cui era presentato. La coppia ha inviato l’email necessaria per ricevere l’invito e, sempre per posta elettronica, è stato comunicata la sede dell’evento: via Piceno, 23, interno 23, Milano. Sono stati fatti accomodare in un appartamento dove erano presenti diverse coppie, sia etero che di soli uomini ed anche un single. Poiché si trattava di una modalità insolita per tenere una conferenza, le perplessità si sono ben presto trasformate nel sospetto che stesse per svolgersi qualcosa di non proprio regolare. Il sospetto ha ben presto trovato conferma, poiché i due relatori – il dottor Said Daneshmand e la signora Laura Marchesani – hanno intrapreso una conversazione che non affrontava il tema dell’utero in affitto da un punto di vista astratto ed accademico, ma puramente economico, facendo un’evidente promozione delle pratiche di GPA esercitate presso The Fertility Center. Infatti, iniziata la riunione, il primo argomento ha riguardato i costi per poter “comprare” un bambino appena partorito da una donna che avrebbe rinunciato a qualsiasi diritto sul neonato. Questo il “tariffario”: 5-10.000 dollari per gli ovuli, 15-30.000 dollari per la madre surrogata, 10.000 dollari per un esame dell’embrione, 2-5.000 dollari per un esame del feto alla decima settimana (se questo test andasse male potrà essere abortito), oltre a vari altri costi per analisi sui “genitori”, sui gameti, le provvigioni di agenzie intermediarie ed avvocati. In totale si va dai 75.000 ai 120.000 dollari.
Utero in affitto, i particolari dei “contratti”
L’incontro si è concluso con domande specifiche dei potenziali clienti e si è approfondita l’opportunità di scegliere “gestanti” nei diversi paesi, negli Stati Uniti o del Canada; scelta da fare anche in base agli strumenti legali ed assicurativi che ciascuna legislazione mette a disposizione dei “genitori”. Ovviamente il Fertility Center fornisce propri avvocati che seguono i propri clienti dalla stesura dei primi “contratti” con la venditrice degli ovuli e con la “gestante”, fino al momento di rimpatriare il bambino. Per quanto riguarda il rimpatrio, questo sembrerebbe una vera e propria formalità, visto che – come affermato da una coppia omosessuale con la quale i due si sono soffermati a parlare – sarebbe sufficiente rientrare in Europa facendo scalo in un altro Paese prima dell’Italia ed ufficializzare presso le autorità locali che si sta tornando con il proprio figlio di pochi giorni o poche settimane. In tal modo, infatti, il successivo passaggio da uno Stato dell’unione all’Italia non darebbe luogo a difficoltà particolari. Questo è quanto avrebbero fatto in passato loro conoscenti omosessuali senza problemi nel rientro in Italia.