Berlusconi: “Guerra contro l’ISIS. In Occidente difetto di leadership”

17 Nov 2015 8:52 - di Redazione

“E’ certamente positivo che i leader mondiali si parlino in un momento di crisi cosi drammatico e provino a realizzare quello che finora è mancato, cioè una strategia comune per fronteggiare sul piano politico, economico e soprattutto sul piano militare i drammi della nostra epoca. Vedremo in concreto cosa accadrà. Credo comunque che il risultato più importante sia venuto a margine con il faccia a faccia tra Obama e Putin. Stati Uniti e Russia devono tornare a parlarsi e a collaborare”: lo ha detto Silvio Berlusconi in un’intervista pubblicata su “Il Sole 24 ore”.

Berlusconi: “Bene che Putin e Obama tornino a parlarsi”

Lei ha detto: «In Europa di fronte a questa guerra manca la leadership». Lo conferma? “Lo confermo e lo dico con dispiacere e preoccupazione. In particolare l’Europasi sta dimostrando incapace di gestire sia l’ordinaria amministrazione, sia emergenze come quella del terrorismo intemazionale e dell’immigrazione clandestina. Non c’è una politica estera comune e men che meno una politica di difesa comune”. Il presidente francese Hollande bombarda l’Isis ed è quello che vuole la guerra. Va fatta? “La guerra all’Isis è una necessità per tutti i Paesi civili, non solo di questo o di quello Stato, perché è uno scontro tra la nostra civiltà, da una parte, e chi invece come l’Isis rappresenta l’odio, la superstizione, il terrorismo. E non è una singola nazione ad essere minacciata, ma tutto il mondo civile. E quanto ad Hollande, ho troppo rispetto per una nazione cosi crudelmente colpita per esprimere oggi un giudizio o valutazioni sulla linea politica del suo presidente. Posso soltanto dire che la Francia, in questi anni, si è distinta per il suo interventismo deleterio come dimostra il caso della Libia, comunque capitato prima della presidenza Hollande”.

Berlusconi: “deleterio il protagonismo militare francese”

Tutto comincia da lontano, da una guerra fatta a Saddam Hussein raccontando, diciamolo pure, delle balle alla gente, con le armi chimiche esibite come un rischio per l’umanità. “Io non ero d’accordo con quella guerra e cercai di convincere il presidente Bush e Tony Blair a non farla. L’Iraq è una nazione, come sappiamo, coi confini decisi a tavolino, nel lontano 1915 che contiene tre diversi gruppi etnici rivali da secoli e, in più, c’è una percentuale di analfabeti del 65%. E chiaro che una nazione cosi fatta non può essere governata come una democrazia, con un governo democraticamente eletto, ma solo con un regime sperando ovviamente che non sia un regime sanguinario, ma era irrealistico pensare che dopo la caduta della dittatura di Saddam l’Iraq potesse funzionare come una democrazia e, infatti, il problema è stato la cattiva gestione del dopo”.

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