La “bomba” di Bassolino sul Pd: «Mi candido a Napoli». E la rottamazione?
«Mi candido». Due parole secche. Su Facebook e twitter. Secondo la moda di oggi. È l’annuncio di Antonio Bassolino. Così ritorna in campo dopo quindici anni l’ex sindaco di Napoli, ed ex governatore della Campania. Bando agli indugi, alle perplessità, al dire e non dire. Qui si fa “restaurazione”, non rottamazione. E siccome nel Pd qualcuno (Renzi) cercava di evitare le primarie pensando di trovare un Maradona di turno per conquistare Palazzo San Giacomo, il gioco ora si fa interessante. Ed anche duro. Perché sarà pur vero che Bassolino, dopo l’assoluzione per la storiaccia dei rifiuti, ha ben diritto di cimentarsi nella contesa (e nessuno da Roma lo potrà fermare), ma è la contesa stessa che ora assume un valore particolare. Intanto, si sa che tra lui e De Magistris non corre buon sangue. I due non si amano. Si ignorano. Evitano di farsi vedere insieme. E se capita di incrociarsi in qualche appuntamento pubblico, appena si sfiorano. Quando è arrivata la sentenza di assoluzione per l’ex governatore, l’attuale sindaco non ha mostrato segni di entusiasmo. «Mi interessa la verità giudiziaria, ma soprattutto che mai più questo territorio possa rivivere quello scempio o che possa vedere nuovamente diventare protagonisti della vita politica i responsabili», è stata la sua criptica dichiarazione. A chi si riferiva De Magistris parlando dei “protagonisti” del passato se non a Bassolino? Insomma, l’annuncio di candidatura del rivale non deve avergli fatto fare salti di gioia. A lui come a Renzi. E qui il discorso si fa più ampio e articolato. Il ritorno di Bassolino, dopo la controversa candidatura di De Luca a governatore, subita in quel del Nazareno con sofferenza, porta i segni evidenti della scollatura profonda che regna nel Pd tra vertice e periferia. Il tanto strombazzato rinnovamento (anche generazionale) della Leopolda si ferma al Sud. Non solo. Si sta frantumando ovunque come muro di cartapesta. Di una classe dirigente nuova all’orizzonte, nel Pd, non si vede granché. Eccezion fatta per alcuni esuberanti giovanotti e giovanette che affollano Palazzo Chigi, il resto ha sapore di vecchio, antico, già visto. Persino uno come Richetti, culo e camicia con Renzi fino all’altro ieri, ha dovuto ammettere che la “rivoluzione” di Matteo è fallita, naufragata, polverizzata. Tanta fatica per nulla. Da sanculotto a restauratore. Per Renzi il passo è breve. La metamorfosi assicurata.