Erdogan trionfa in Turchia. Tanti voti ma scoppia la protesta in piazza
Turbanti rossi a Piyalepasa, grida di «Allah hu-Akbar» a Saffiet Cebi e 5 ore di raid no-stop dentro il territorio siriano: è quanto avviene fra il Bosforo e Kilis a descrivere la genesi di una vittoria che proietta Recep Tayyp Erdogan nell’ambizioso ruolo di Sultano del Medio Oriente. A Piyalepasa c’è il seggio nella scuola dove il presidente turco ha studiato e davanti all’entrata sostano tré uomini barbuti – fra i 24 e i 50 anni – con turbanti biancorossi e lunghe jalabye nere. Si identificano con i Fratelli musulmani, non hanno dubbi sul fatto che Erdogan «governerà per sempre», credono nella «vittoria netta» che più tardi si materializzerà e identificano la «missione» del nuovo governo dell’Akp con «l’intervento in Siria per difendere i musulmani e rovesciare il tiranno Assad». «Erdogan è l’unico che si batte per l’Islam in Siria» afferma uno di loro, esternando un palpabile orgoglio.
Trionfo islamista ad Ankara: maggioranza assoluta per Erdogan
Se i seguaci dei Fratelli Musulmani vedono – si legge su “la Stampa” – nella vittoria nelle urne un orizzonte di guerra quando Erdogan va a votare nel proprio seggio, nella scuola di Saffiet Cebi del distretto asiatico di Kisikii, ad accoglierlo ci sono donne velate che lanciano dolci sulla folla gridando «Allah hu-Akbar», Dio è grande. Le guardie del corpo del presidente distribuiscono piccoli regali ai bambini sulla strada adiacente e quando Erdogan esce dal seggio interpreta così il significato del voto per rinnovare il Parlamento: «È divenuto evidente quanto è importante la stabilità per la nostra nazione». La «stabilità» a cui si riferisce è descritta dalle decisioni che il premier Ahmet Davutoglu ha adottato negli ultimi cinque mesi per rovesciare il risultato elettorale che lo privò della maggioranza assoluta: interventi militari in Siria e Iraq contro curdi e Isis, massicce misure di sicurezza nel Sud-Est per sradicare il Pkk e più richiami all’Islam nella vita pubblica nazionale.
Islam e sicurezza interna: così ha rivinto Erdogan
La sovrapposizione fra una politica interna nel segno del l’Isiam e una politica di sicurezza regionale muscolosa è la formula di «stabilità» attorno a cui Erdogan punta a costruire per la Turchia un ruolo di leadership m un Medio Oriente segnato dall’implosione degli Stati arabi. Ecco perché, a meno di 22 ore dall’apertura dei seggi, l’aviazione militare ha compiuto uno dei raid più massicci in Siria: nelle regioni oltreconfine attorno a Kilis i jet di Ankara hanno colpito senza interruzione dalle 9 alle 13 del mattino di sabato bersagliando tanto le postazioni dello Stato Islamico che della guerriglia curda, con un bilancio di almeno «cinquanta terroristi uccisi». Ad avvalorare l’impressione che Erdogan abbia voluto far capire ai propri nemici in Siria cosa sta per avvenire c’è il fatto che i jet turchi m questa occasione hanno operato d’intesa con «forze turkmene sul terreno» ovvero con milizie etniche espressione diretta degli interessi di Ankara.