L’Isis ha causato 1600 morti in venti Paesi in un anno e mezzo di attività
Venti Paesi, diciotto mesi e oltre 1.600 morti: questo il bilancio dell’azione dei terroristi dello Stato islamico (Isis) secondo dati calcolati dal quotidiano francese Le Monde. In circa un anno e mezzo di attività, senza considerare le operazioni di guerra convenzionali contro gli eserciti in guerra e le esecuzioni in Siria e Iraq, l’Isis e tutti i gruppi terroristici che gli hanno prestato fedeltà – come ad esempio il nigeriano Boko Haram – hanno causato la morte di di oltre 1.600 persone ai quattro angoli del pianeta, sommando gli attentati fuori dal suo territorio e l’esecuzione di ostaggi. I boia del sedicente Stato islamico hanno progressivamente esportato il loro campo di battaglia allargando lo spettro dei Paesi colpiti dagli attentati. Per numero di morti, il territorio francese è subito dopo quello egiziano il primo ad essere colpito fuori da quelli tradizionali come il Medio Oriente e i feudi africani di Boko Haram.
L’Isis è stato preso a modello anche da Boko Haram
E sempre Parigi è la città occidentale più colpita tra l’attentato di gennaio all’HyperCacher (Amedy Coulibaly si richiamò all’Isis mentre i fratelli Kouachi che perpetrarono la strage contro Charlie Hebdo dissero di agire per il ramo di Al Qaida nello Yemen) e quelli di venerdì 13 novembre. Fatta eccezione per il Sudamerica tutti i continenti sono stati colpiti almeno una volta dai terroristi di Daesh o dai suoi simpatizzanti, che si si tratti di attacchi sul loro territorio o di loro cittadini all’estero. Sono però i Paesi del Medio Oriente e quelli africani vicini ai feudi di Boko Haram a pagare il più pesante tributo di sangue. Il Nigeria, per esempio, ha subito 13 attentati, mentre l’Arabia Saudita, Paese che bombarda l’organizzazione jihadista ma che alcuni accusano di finanziare al tempo stesso il terrorismo, è stato teatro di dieci attacchi.