Pasolini, 40 anni dopo: processato dalla sinistra, sdoganato dalla destra

2 Nov 2015 14:51 - di Gloria Sabatini

Nume ingombrante, scrittore corsaro. Uomo scandaloso, artista sofferente. A quarant’anni dalla morte (il suo corpo maciullato fu trovato senza vita all’idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975), Pier Paolo Pasolini continua a disturbare i sonni dei fanatici del copyright, a cominciare dalla sinistra ufficiale, che lo cacciò dal Partito comunista per la sua dichiarata omosessualità ma lo ha sempre considerato “roba sua” fino a ingaggiare un derby singolare con la destra eretica e “illuminata” che ha molto amato Pasolini, a dispetto dell’establishment ufficiale. Ma con Pasolini la coperta delle ideologie è sempre troppo corta.

Pasolini l’eretico

Intellettuale eretico allergico alle etichette, Pasolini ha rappresentato agli inizi degli anni ’70 il grido più forte e disperato contro il consumismo capitalista, l’omologazione di massa, il potere senza volto, la progressiva perdita d’identità della società rurale. Ma anche uno sguardo lucido, a tratti cinico, sulla società contemporanea che usciva dal benessere del boom economico per immergersi, da spettatrice, nel gorgo del ’68 e dello stragismo. Fascismo, antifascismo, Chiesa, borghesia, consumo, edonismo, sono le parole chiave dei suoi Scritti corsari, gli articoli pubblicati dal Corriere della sera, il quotidiano della borghesia, che agli inizi degli anni ’70 chiama a collaborare Pasolini.

Guerra all’omologazione

Ma è l’omologazione la vera ossessione di Pasolini, cresciuta all’ombra di una potente nostalgia per la terra. «I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso», scrive Pasolini. Che cos’è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani in piccoli borghesi divorati, per di più, dall’ansia economica di esserlo? Che cos’è che ha trasformato le “masse” dei giovani in “masse” di criminaloidi? «Una “seconda” rivoluzione industriale – scrive Pasolini – che in realtà in Italia è la “prima”: il consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo “reale”” trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c’è più scelta possibile tra male e bene». Durissimo con i contestatori dell’epoca (coccolati dalla borghesia di sinistra), Pasolini (che a Valle Giulia simpatizzò con i poliziotti contro i figli di papà che giocano alla rivoluzione) scrive che «con lotta ai valori tradizionali e religiosi i giovani rendono un servizio al nemico che dicono di combattere, sgombrando il terreno da religione e valori, lasciano campo libero al dominio del neocapitalismo, con il suo laicismo, le sue merci e la sua tecnocrazia».

L’eresia contro i tabù

Uno dietro l’altro Pasolini smonta i tabù della nascente vulgata progressista: aborto, droga, consumismo, ambiente. «Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni e nel comportamento quotidiano io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente», scrive mentre divampa il dibattito pubblico sull’aborto. Non è meno tranchant nei confronti della droga: «La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. La droga viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura  è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso». Memorabile la dichiarazione d’amore per le lucciole scomparse nei primi anni Sessanta a causa dell’inquinamento («Darei l’intera Montedison per una lucciola»), amara l’analisi del consumismo che divora («L’uomo medio dei tempi del Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l’umanità nella loro purezza ideale; l’uomo medio di oggi può interiorizzare una Seicento o un frigorifero, oppure un week-end a Ostia…»).

La destra e Pasolini

La destra in doppio petto non ha mai sopportato lo scandaloso e immorale Pasolini, ma già alla fine degli anni Sessanta un pezzo di Movimento sociale guarda con grande interesse all’intellettuale eretico ossessionato dall’omologazione che accusa la “sua” sinistra di non saper leggere la realtà. Nella Modena del 1958, per esempio, Pasolini è il protagonista di un «animato e civilissimo duetto» con Piero Cerullo, storico dirigente della destra giovanile. Nel 1988 a Roma uno “storico” convegno dal titolo Ripensare Pasolini … scandalosamente, nei locali della federazione missina guidata da Teodoro Buontempo, scoperchia il pentolone mentre Beppe Niccolai dichiara apertamente la sua comunanza con Pasolini per la “critica radicale alla società dei consumi” e la volontà di “oltrepassare” le definizioni di destra e sinistra. Sempre alla fine degli anni ’80 il giornale satirico Morbillo, prurito e avventura del Fronte della Gioventù di Roma, dedica all’autore di Ragazzi di Vita un’attenzione speciale facendo arricciare il naso a molti elefanti del partito. Parola d’ordine: capovolgere i luoghi comuni di Dio, Casa, Famiglia.

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