Per ogni nomade 750 euro: chiude il centro di accoglienza “lager” di Roma
Nomadi stipati in un edificio, ex deposito merci, con stanzette senza finestre, bagno in comune e malfunzionanti, degrado visibile. Questa era la Best House, un centro di accoglienza dato in gestione alla cooperativa InOpera che nei mesi scorsi è stata oggetto di interrogazioni e scioperi della fame da parte di esponenti dei Radicali. Oggi è stata disposta la conclusione del rapporto, a seguito di interdittiva antimafia, nei confronti della Cooperativa che aveva in gestione il Centro di accoglienza che si trova in via Visso, sulla Tiburtina. «Dopo aver informato gli ospiti del Centro, e in accordo con i competenti dipartimenti, l’Amministrazione Capitolina ha provveduto ad attivare una serie di interventi finalizzati a ricollocare le famiglie che ne avessero titolo presso altre strutture del territorio. È stata, inoltre, sensibilizzata al massimo la Sala Operativa Sociale per tutti i casi in cui si registra necessità di sostegno, a salvaguardia delle persone con particolari fragilità, per le quali non verrà consentita l’interruzione dell’assistenza». Attraverso i documenti richiesti all’epoca con la procedura di accesso agli atti i Radicali italiani hanno calcolato che il Comune spende 750 euro al mese per fornire ad ogni nomade questo tipo di assistenza. Nel 2014 i costi complessivi sono stati di quasi 3 milioni di euro. Dal 24 dicembre 2012 la gestione della Best house era sempre stata data in affidamento diretto alla cooperativa “InOpera”.
La denuncia dell’Anac sugli sprechi per i nomadi
Il Best House Rom, situato in via Visso 12/14, nella periferia orientale della Capitale – denunciava l’autorità anricorruzione di Raffaele Cantone in un fascicolo aperto qualche mese fa – è un capannone industriale classificato, secondo la visura dell’Agenzia del Territorio, nella categoria C/2, la stessa riservata ai locali utilizzati per il deposito delle merci. Non potrebbe, dunque, ospitare delle persone. Vi vivono, in condizioni precarie, alcune centinaia di rom all’interno di spazi angusti, in veri e propri “loculi” – come denunciato dal presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi lo scorso gennaio, in occasione di una visita alla struttura organizzata dall’Associazione 21 luglio – privi di finestre e punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale. Nel solo 2014, il Best House Rom è costato circa 2,8 milioni di euro, pari a una spesa di 650 euro al mese per ogni ospite, mentre per una singola famiglia, dalla nascita del centro, il Comune ha speso oltre 150 mila euro. Il 93% delle risorse, inoltre, è usato per la sola gestione della struttura mentre nulla è destinato all’inclusione sociale di uomini, donne e bambini. Nell’avviare l’istruttoria, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiesto al Comune di Roma una giustificazione circa i reiterati affidamenti diretti di breve durata alla cooperativa Inopera nonché circa la mancanza di una opportuna pubblicazione a livello comunitario degli stessi affidamenti, contravvenendo così al principio di trasparenza”.