Renzo Arbore si confessa in un libro: «La mia vita è una jam session»
Una vita improvvisata, in cui ogni nuova espressione artistica è nata da un incontro, da un’idea, da una situazione. Renzo Arbore ha raccontato le sue innumerevoli esperienze umane e professionali a Lorenza Foschini e il risultato è la biografia “Renzo Arbore. E se la vita fosse una jam session? Fatti e misfatti di quello della notte”. Una biografia “sciué sciué”, come la definisce lui stesso, perché più che narrare gli eventi in ordine cronologico, descrive una sorta di camera delle meraviglie e abbraccia un universo fatto di passioni, il racconto di una generazione e un pezzo di storia della radio e televisione italiane. Un volume che accompagnerà, peraltro, “Renzo Arbore. La mostra.”, che si terrà a Roma al Macro Testaccio, dal 19 dicembre 2015 al 3 aprile 2016. Incontri con artisti e musicisti, retroscena mai raccontati, la battaglia quotidiana contro la noia e poi le città che hanno scandito le fasi più importanti della sua vita: “Foggia, la provincia, con tutto quello che mi ha insegnato, – ha spiegato in un’intervista all’Ansa – Napoli, una città di cultura straordinaria, Roma, città ospitalissima e veramente capitale del nostro Paese, e poi l’America tra New York, Los Angeles, Miami, New Orleans, il sogno che avevo fin da bambino quando ho visto arrivare gli americani nella mia città”.
Rivoluzionario, pioniere di nuovi linguaggi e registri, Renzo Arbore ha intrecciato il suo stile di vita, il suo non prendersi sul serio ma con serietà, con la sua professione di artista. E forse è stata proprio questa la chiave del suo successo. “Ho cercato sempre di fare quello che non facevano gli altri – ha raccontato – Ho cercato di fare l’altro e quindi l’altra radio, l’altra musica, l’altra canzone napoletana, l’altro cinema. Sono afflitto – ha proseguito con inconfondibile ironia – da ricorrenti passioni che ho sempre tradotto in opere vagamente artistiche”. È stato così per la trasmissione televisiva “Quelli della notte”, che Arbore mette in cima ai suoi “misfatti”: “Noi facevamo una televisione con velleità artistiche – ha spiegato – e ‘Quelli della notte’, essendo stato un programma improvvisato e cult e avendo un marchio potente e indelebile come ‘Lascia o raddoppia?’ di Mike Bongiorno, ha lasciato un segno perché era assolutamente anomalo, è stato il biglietto da visita e la dichiarazione di un modo di fare televisione che nessuno faceva”. Una televisione che ora Arbore intravede solo nei talent, perché oggi “lo scopo supremo è fare i numeri per vendere i prodotti”.