Terrorismo: se invece di proteggerci, il ministro Alfano insulta via tweet
Spiace rimarcarlo in un momento come questo che vede tutto il mondo attonito e raccolto intorno ai 129 morti di Parigi. Spiace, ma è necessario: mentre tutto intorno a noi rinvia a scelte drammatiche, opzioni di fondo, decisioni impegnative, in Italia va in scena il solito, stucchevole, inguardabile teatrino della politica da tuìt. Se Francoise Hollande, il capo della nazione ferita dalla cieca furia islamista, annuncia al mondo che «la Francia è in guerra», se il britannico David Cameron fa sapere di essere pronto a «compromessi» con la Russia pur di sconfiggere l’Isis, se Obama e Putin si confrontano (dividendosi) sulle strategie da adottare per fermare il terrore jhaidista, qui da noi il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e il leader del maggior partito dell’opposizione di centrodestra, Matteo Salvini, si insultano via tweet come se non ci fosse una minaccia terroristica in atto, come se non fosse abbastanza visibile il sangue versato da vittime innocenti e, soprattutto, come se misto a quel sangue non ci fosse anche quello di una ragazza italiana colpevole unicamente di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una vera mattanza, che ha spinto i maggiori leader politici francesi, tra cui Marine Le Pen, a far prevalere le ragioni della coesione nazionale sulle pur legittime esistenze della campagna elettorale (in Francia si vota in diverse regioni). Con le debite differenze di clima e di contesto politico, era lecito attendersi qualcosa di simile anche in Italia. Ma purtroppo così non è stato e mette francamente i brividi vedere un ministro dell’Interno, cioè l’autorità preposta a garantire la nostra sicurezza e la nostra incolumità, spendere tempo ed energie in stucchevoli polemiche, il cui risultato consiste solo nel rafforzare negli italiani il convincimento circa l’inadeguatezza complessiva di chi li governa e, nel caso di Salvini, di chi li rappresenta. Il leader leghista, infatti, sbaglia a pensare che l’opposizione consista in un porto franco in cui è possibile dir tutto senza pagare pegno di niente. Per uno che ambisce a guidare il rassemblement dei moderati può rivelarsi un’illusione fatale. E meglio avrebbe fatto a mettersi in questo caso nella scia di Berlusconi, da cui sono giunte parole ferme, anche dure, ma improntate a grande realismo politico e a profonda conoscenza degli equilibri internazionali. È dall’opposizione che si dimostra di essere pronti per il governo. Lo capisca Salvini se non vuole, da “grande”, diventare come Alfano.