Usa, giudice toglie figlia adottiva a una coppia gay: meglio mamma e papà
«Togliete la bimba a quella coppia, sono lesbiche»: non ha avuto neppure un attimo di esitazione, un minimo richiamo alle logore regole del politically correct tanto in voga. No: con la motivazione – molto più che convincente – di averlo deciso «nel migliore interesse della piccola», un giudice dello Utah ha disposto che la piccola venisse allontanata dalle due genitrici e prontamente affidata ad una coppia eterosessuale.
Usa, figlia adottiva tolta a una coppia gay
Una decisione a dir poco anti-convenzionale, quella del coraggioso togato d’oltreoceano che, com’era facilmente prevedibile, sta scatenando un mare di polemiche. Una vicenda divenuta ben presto un caso politico, e sulla quale è intervenuta addirittura Hillary Clinton, scesa in campo a difesa delle “due mamme”. Beckie Peirce e sua moglie April Hoagland si sono sposate nell’ottobre del 2014 dopo il via libera della Corte Suprema americana, e tre mesi fa hanno accolto nella loro casa la piccola di un anno. Fino a quando un giudice, che ha detto da subito e ha confermato a più riprese, di essere motivato ad agire nell’interesse della minore, ha scelto di affidare la bimba a una mamma e a un papà. Orala coppia di madri adottive ha annunciato battaglia contro la decisione del giudice minorile, che le costringe a rinunciare alla figlia, e con loro – poteva essere diversamente? – si è schierata prontamente Hillary Clinton, che non si è lasciata sfuggire – in piena campagna elettorale – la ghiotta occasione di masticare un boccone così “demagogicamente” appetitoso. Tanto che, grondando retorica e banalità, su Twitter la ex first lady ha scritto: «Essere buoni genitori non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale. Lo dimostrano migliaia di famiglie».
La battaglia politica in corso
Dunque, con un imprimatur politico così importante, quella che avrebbe dovuto essere la battaglia legale di una singola coppia di omosessuali per la rivendicazione personale dei propri diritti, si è trasformata immediatamente in una guerra sociale indetta per il riconoscimento giuridico dei diritti civili di un’intera comunità gay d’America. Non solo: in piena controffensiva mediatica, nel sottolineare l’ovvio dolore delle due donne, da piùparti localmente si è calcata la mano sulla possibile influenza delle convinzioni religiose del giudice sul verdetto decretato. E infatti, anche se non è stata ancora neppure resa pubblica una trascrizione completa della sentenza, secondo quanto riportato e accentuato da media locali, Scott Johansen, giudice del Tribunale minorile del Settimo distretto dello Utah, avrebbe preso la decisione di togliere la figlia adottiva alla coppia gay citando una ricerca basata sulla convinzione che «un bimbo cresce meglio se affidato a una coppia eterosessuale». Una indiscrezione da verificare, quest’ultima, a cui è stata prontamente aggiunta – a corollario – la riflessione secondo cui, se non è dato sapere di che religione sia il giudice Johansen, è altresì notorio che lo Utah sia conosciuto al mondo come lo “Lo stato dei Mormoni”. E così, dopo la bocciatura politica della Clinton, e la pubblica sconfessione annunciata dalla immancabile comunità Lgbt mormona, la sentenza del giudice minorile sembra aver colto di sorpresa anche i funzionari dei servizi sociali. «Da una parte non mi aspetto che i miei assistenti sociali violino un ordine del tribunale – ha commentato Brent Platt, direttore dello Utah’s Division of Child and Family Services – ma dall’altra, non mi aspetto neanche che violino la legge». Platt ha infatti spiegato che nello Utah le norme non vietano alle coppie legalmente sposate di diventare genitori adottivi, e che nessun altro giudice statale aveva finora espresso preoccupazione nell’affidare un minore a genitori dello stesso sesso. La battaglia, che si annuncia dai primi fuochi, senza esclusione di colpi, è appena all’inizio: in gioco c’è davvero tanto…