Basta con la spocchia: il voto alla Le Pen non è solo figlio della paura
E ora prepariamoci alla rituale litania di commenti, opinioni e distinguo sul trionfo di Marine Le Pen nelle elezioni regionali di domenica. Sembra già di sentirli gli esperti, i competenti, gli opinion leader, i professionisti del capello spaccato in quattro mentre spargono le loro critiche su questi francesi, storditi e impauriti da un po’ di terrorismo islamista, che per tutta risposta si consegnano alla destra xenofoba e fascistoide tradendo clamorosamente gli immortali principi di liberté, égalité e fraternité. Ma come si permettono?
Per Repubblica la Le Pen fa leva sulle ansie dei francesi
Come spesso capita, è la Repubblica a tracciare il solco che poi il resto della stampa sedicente impegnata è chiamata a difendere: il successo del Fn è solo il figlio spurio della paura. Paura del terrorista, dell’immigrato, del diverso, quindi – in ultima analisi – della democrazia. Neppure passa per la testa di simili penne che il voto francese è solo la punta di un iceberg contro cui rischia seriamente di infrangersi questa insostenibile idea dell’Europa che in nome e per conto di un multiculturalismo omologante e livellatore pretende di poter fare a meno del primato della politica sull’economia, lasciando che a decidere il destino di oltre mezzo miliardo di persone siano banche, agenzie di rating e troike finanziaria. Quella profonda istanza di cambiamento di rotta che non è riuscita a far valere la povera e malmessa Grecia al tempo del referendum, viene ora rilanciata dalla potente e opulenta Francia. E, per quel possono valere ancora oggi tali etichette, l’obiettivo fallito dall’estrema sinistra di Alexis Tsipras ha ora buone possibilità di essere centrato dalla destra radicale di Marine Le Pen. C’è un filo rosso che lega Atene e Parigi, tra di loro diverse in tutto o quasi, nella volontà (popolare) di archiviare l’attuale costruzione europea.
All’origine del trionfo del Fn la volontà di cambiare in profondità l’Europa
Certo, il voto alla Le Pen segnala anche paura. E allora? Forse che la paura non ha diritto di esistere in una democrazia o chi fa politica deve stare attento a non suscitarla per non urtare le granitiche certezze del compassato ceto medio riflessivo? Non scherziamo: la paura – del terrorismo, della crisi, della perdita del lavoro, dell’immigrazione senza controllo, del mercato senza volto – è un sentimento vero e pulsante che si fa beffa di destra e sinistra in nome di nuove sintesi politiche che solo i cicisbei da talk-show e gli snob da salotto possono guardare con distacco o con disprezzo. Certo, ora sta ai dirigenti del Fn, a Marine Le Pen soprattutto, riuscire ad imprimere un senso di governo al consenso ricevuto. A chi, come chi scrive, spera che la sonante vittoria della Le Pen sia l’avvio promettente di un nuovo inizio, non resta che salutarla cine le parole d’ordine del Maggio parigino: «Ce n’est qu’un debut…».