Proiettili di kalashnikov e lettera di minacce in arabo al ministro Orlando
Una lettera di minacce scritta in arabo e contenente alcuni proiettili è stata inviata al ministro della Giustizia Andrea Orlando. La lettera aveva l’indirizzo scritto in inglese ed è stata recapitata al ministero della Giustizia.
I proiettili inseriti nella lettera sono due e sono quelli utilizzati comunemente dall’Ak47 kalashnikov, il fucile mitragliatore di progettazione sovietica costruito in mezzo mondo su licenza e utilizzato soprattutto negli scenari di guerra mediorientali. E’ considerata l’arma da fuoco più diffusa al mondo. E’ utilizzato dagli eserciti di oltre 50 paesi e da organizzazioni di guerriglieri e terroristi e, fino ad oggi, ne sono stati venduti 100 milioni di pezzi.
L’indirizzo sulla busta diretta al ministro Orlando sarebbe stato scritto utilizzando un normografo e la lettera sarebbe giunta a Fiumicino e poi, da qui, a via Arenula, la sede del ministero. Della vicenda si sta occupando la Procura di Roma. E’ molto probabile che sia stata scritta da qualche immigrato espulso dall’Italia e rimandato nel proprio paese di origine con l’accusa di fiancheggiamento del terrorismo.
La lettera a Orlando è firmata Isis ed inneggia ad Allah. «Entreremo a Roma – è scritto nel testo in arabo – e taglieremo la tua testa». La lettera si chiude con le parole “Allah akbar“, ossia “Allah è grande”.
Proprio domani Orlando sarà a Tirana assieme al Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo Franco Roberti dove parteciperà a una serie di incontri con le principali istituzioni albanesi per rafforzare la cooperazione giudiziaria fra Italia e Albania, con particolare riferimento alla lotta al terrorismo jihadista e all’estremismo violento. Si parlerà soprattutto delle rispettive misure legislative e delle esperienze investigative di contrasto alla radicalizzazione e al fenomeno dei foreign terrorist fighters e ai possibili legami con la criminalità organizzata.
In questo quadro sarà esaminato l’impegno reciproco nello scambio di informazioni e nella collaborazione operativa nonché nell’intensificazione della cooperazione giudiziaria, rinnovando l’impulso politico alle procedure di trasferimento dei detenuti albanesi nel Paese di origine.