La Clinton invidiosa del successo di Trump lo chiama “reclutatore dell’Isis”

20 Dic 2015 11:18 - di Paolo Lami

E’ tutta nelle scuse che Bernie Sanders porge, dal palco del New Hampshire dove è in corso il dibattito tra i democratici, a Hillary Clinton per essere andato a rovistare insieme al suo staff nella banca dati elettorale, l’ipocrisia pelosa dei democratici americani che pensano così di archiviare in fretta e furia quello che e’ stato definito il “mini Watergate“. Una figuraccia, una delle tante che i democratici stanno collezionando nel tentativo di tenersi la Casa Bianca. Lei accetta le scuse – “accetto le scuse. Dobbiamo andare avanti, non credo che la gente sia interessata a questo”, tira dritto altrettanto ipocritamente la Clinton – e, insieme, tornano a tirare colpi bassi al loro reale obiettivo, Donald Trump.
Durissimo l’affondo nei confronti dell’attuale frontrunner repubblicano, definito senza mezzi termini “bigotto e intollerante” e accusato brutalmente di essersi “dimostrato finora il miglior reclutatore dell’Isis“. Questo perché, sostiene la Clinton, lo Stato Islamico ricorre a video dove Donald Trump insulta i musulmani per spingerli a reclutarsi radicalizzando quanti piu’ jihadisti possibile.
Trump – dice la Clinton cercando l’applauso da una platea che non aspetta altro che sentirsi dire questo – si e’ dimostrato un maestro in buffonate e bigottismo. Nel dare risposte troppo facili a domande molto piu’ complesse”.
Un modo per dire che il tycoon non sarebbe adatto per fare il presidente degli Stati Uniti.
Ma l’attacco non sembra impensierire più di tanto Trump che, stavolta, neanche replica dal suo account Twitter come fa abitualmente.
Altro attacco frontale al tycoon arriva sulla politica delle armi: “Armare piu’ persone non è la risposta al terrorismo. Le pistole non rendono l’America piu’ sicura”. Un monito questo in realta’ rivolto alla maggior parte dei candidati repubblicani, contrari alla stretta sulle armi da fuoco fortemente voluta da Barack Obama e sostenuta dall’ex-segretario di stato.
Volano di nuovo gli stracci in casa democratica, fra Sanders e Clinton quando si torna a parlare dei temi economici. Sanders torna ad accusare l’ex-first lady per quella che definisce una campagna elettorale corrotta cercando di rilanciare l’immagine di una Hillary troppo vicina ai poteri forti, a quella Wall Street che “sta distruggendo l’economia e la vita di milioni di americani”.
Lei controbatte sostenendo la necessità di colpire gli eccessi e gli abusi nel mondo della finanza e delle grandi banche, ma anche quella di collaborare con un settore privato che crea ricchezza e milioni di posti di lavoro. Poi la promessa più forte di Hillary: più tasse sui ricchi e sulle grandi aziende. Zero aumenti sulla classe media. “Non lo farò mai – giura – è fuori discussione”. Ma nella maggior parte delle librerie delle villette americane campeggia ancora un libro che è diventato un po’ la Bibbia della middle class: «A Woman in Charge: The Life of Hillary Rodham Clinton» ovvero “Una donna al comando: la vita di Hillary Rodham Clinton“. Ottocentoquaranta pagine distillate al veleno, la biografia non autorizzata di una donna che, secondo Carl Bernstein, il celebre giornalista che svelò gli intrighi del Watergate, potrebbe dire e fare qualsiasi cosa per arrivare al potere. Anche mentire.

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