Una sconfitta che è una vittoria: il Fn ha rivoluzionato la politica francese

14 Dic 2015 13:42 - di Marco Valle

«Una sconfitta vittoriosa».  Così Marine Le Pen ha commentato a denti stretti i risultati dei ballottaggi. Il secondo tour delle elezioni regionali si è rivelato come previsto una trappola. Gli sconfitti di ieri — i vecchi partiti di sinistra e destra, la potente oligarchia tecnocratica, i sindacati sempre più ammaccati, gli intellettuali allineati, il mondo mediatico, i progressisti invecchiati — sono riusciti, all’ultimo momento, a fermare l’avanzata frontista in sei macroregioni. I “democratici” , nel segno del “Front républican” — la formula aggiornata dell’alleanza ibrida tra Chirac e Jospin nelle presidenziali contro Jean Marie —,  con ogni mezzo e furbizia, agitando fantasmi e minacciando cataclismi, sono riusciti a limitare i danni, a salvare le poltrone.

Un lavoro sporco e un’affermazione amara. È significativo che nei commenti nessuno dei pomposi notabili del Parti socialiste (PS) come dei Républicains (LR) è riuscito a cantare vittoria. Per la nomenklatura la botta è stata dura. Non a caso, Hollande e Sarkozy hanno preferito glissare, rimandando le interviste, i commenti. Nessuno ha vinto, i socialisti sono rottamati, Sarkozy è in crisi e i lepenisti rimangono, per il momento, alla finestra. Incazzati, ma non rassegnati.

Nel suo quartier generale di Hénin-Beaumont — il più povero comune del devestato Settentrione francese, la città dove il FN ha raggiunto il 61 per cento dei voti —, Marine ha ricordato che  «Dans ses bastions du Nord et du Sud, nous avons éradiqué un parti socialiste malfaisant (…) Élection après élection, la montée du courant national est inexorable». Il Front avanza, nonostante un «sistema agonizzante». Lo conferma il voto di sei milioni di francesi.

A sud, in Provenza, anche Marion Maréchal-Le Pen, deputata Fn del Vaucluse (la più arrabbiata, quella che a differenza della zia — ben più sgammata — , ci credeva davvero…) , rivendica il risultato del ballottaggio: 200mila voti in più da una settimana all’altra. Non sono bastati per vincere ma la tendenza è netta.  Si va avanti nel segno della “sconfitta vittoriosa”. Meglio che niente.

A conti fatti, chiuse le urne, il Fn ha portato a casa 350 “conseillers régionaux” e fissato un impianto territoriale serio, utile per la corsa all’Eliseo. Bene, ma non basta, non può bastare. La protesta è forte ma la proposta non convince appieno e le culture rimangono deboli.  Marine e i suoi consiglieri ne sono consapevoli: per di più, la mancata conquista di una sola regione (almeno una) pesa e peserà sulle strategie (e le casse esangui…)  del movimento lepenista.  La “traversata del deserto” per i lepenisti 2.0 continua.

In sintesi, la Francia, una volta di più, si conferma il laboratorio d’Europa, un momento di transizione e rottura. Con il voto di ieri, la spaccatura netta tra il “quarto Stato” non garantito (giovani, ceti operai, borghesia proletarizzata, immigrati integrati e delusi) e i blocchi garantiti si è approfondita ancor di più: i partiti tradizionali vacillano e, per resistere, si stringono in un abbraccio ambiguo; la narrazione repubblicana (laica e multiculturale) non regge più e l’economia non riparte; intanto una parte della comunità islamica (sei milioni e oltre di persone) si rinchiude sempre più in una sorta di pericoloso tribalismo urbano.

Dati inquietanti quanto interessanti. Ecco perchè nei prossimi giorni continueremo ad analizzare con attenzione il dibattito transalpino (originale, non esportabile ma fecondo) e cercheremo di tracciare delle ipotesi esplorando i crinali di crisi. Certi che l’esperienza gallica possa riservare ancora molte sorprese. Non sarebbe la prima volta.

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