GB, annuncio choc: non accoglieremo bambini profughi non accompagnati
Sulla politica migratoria Cameron mantiene il polso fermo. E non saranno barriere di filo spinato. Non saranno muri di cortina difesa dei propri confini pesantemente violati. Non saranno sanzioni pecuniarie o provvedimenti antieruopeisti, ma anche la Gran Bretagna prova a insistere nel mettere un argine al flusso massiccio e ininterrotto di migranti, e nel tentativo di gestire la situazione al limute del fuori controllo, annuncia – affidando la proclamazione d’intenti a una nota del Ministero degli Interni, citato dalla Bbc – che intende accogliere bambini non accompagnati dalla Siria e da altre zone di conflitto, ma non quelli già fuggiti in Europa. Come dire: che dichiara di cominciare (sul serio) a ridimensionare il concetto di accoglienza coatta e ospitalità necessaria.
La Gran Bretagna non accoglierà bambini profughi non accompagnati
Poi, nell’argomentare dettagli eed eccezioni del provvedimento annunciato, il ministero britannico aggiusta anche il tiro, spiegando come e perché lavorerà comunque con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) al fine di identificare «casi eccezionali» di bambini in Siria e nei paesi vicini che necessitino di asilo. Viene quindi confermata la linea dura sul dossier immigrazione tenuta finora dal governo conservatore di David Cameron così come vengono smentite rivelazioni di stampa secondo le quali, su pressione di varie ong e associazioni caritative britanniche, il primo ministro avrebbe avuto in mente un piano ad hoc per aprire le porte a «3.000 bambini non accompagnati» già sbarcati in altri paesi europei.
E intanto sui migranti “Human Rights Watch” bacchetta l’Australia
E mentre il provvedimento inglese fa storcere il naso agli integralisti dell’accoglienza coatta, Human Rights Watch (Hrw) nel 2016 World Report, presentato mercoledì a Istanbul, denuncia il mancato rispetto da parte dell’Australia degli standard internazionali per la protezione dei richiedenti asilo, non mancando di sottolineare come questo atteggiamento di chiusura e difesa dei propri confini abbia danneggiato la reputazione del Paese. Di più: l’organizzazione internazionale per i diritti umani riconosce che l’Australia ha un «solido» sistema di protezione dei diritti civili e politici, robuste istituzioni e libertà di stampa; descrive tuttavia la politica verso i richiedenti asilo come basata su «abusi» e – a dispetto di quanto sostenuto e condiviso dalla maggioranza degli australiani – la necessità di un suo serio ripensamento e di «misure per ripristinare la reputazione internazionale di paese rispettoso dei diritti». La politica di controllo dei confini adottata dal governo conservatore di Canberra, infatti, prevede la detenzione a tempo indefinito dei richiedenti asilo intercettati in mare, inclusi i minori, in remoti centri costruiti nel territorio australiano di Christmas Island nell’Oceano Indiano, nel minuscolo stato-isola di Nauru e nell‘Isola di Manus in Papua Nuova Guinea, nel Pacifico. Il sistema fin qui adottato ha ricevuto dure critiche nel 2015 da parte di ispettori delle Nazioni Unite, di Amnesty International, di governi stranieri, di inchieste finanziate dal governo e del parlamento federale. Ma, in compenso, sul fronte interno ha anche riscosso il plauso degli australiani.
Mentre sui migranti la Germania ostenta polso fermo
La crisi dei profughi è certamente una sfida, ma «la Germania è un Paese maledettamente forte». Il vicecancelliere Sigmar Gabriel prende la parola nel Bundestag, e mette in guardia dalla tendenza degli ultimi mesi a dare della Germania l’immagine negativa di un Paese fuori controllo. Un’immagine che si rinnova ad ogni arrivo; ad ogni episodio criminale; ad ogni contestazione. Un’immagine ribadita, uan volta di più, nell’aggressione di massa della notte di Capodanno a Colonia e, soprattutto, dalle rivendicazione e dalle proteste interne seguite a quel violento attacco sferrato da immigrati e profughi. La migrazione di oltre 1 milione di richiedenti asilo nel 2015 è una sfida enorme, certo, e sono stati anche fatti degli errori. «Ma davvero non si può dire adesso che questo Paese sia incapace di agire, e che avremmo perso il controllo del Paese, e che in qualche modo il caos possa esplodere all’improvviso». Piccole deflagrazioni, di recenti esplosioni, però, continuano a riecheggiare offuscando un clima non proprio sotto controllo. Almeno non sempre.