Gravidanze killer, un altro caso sospetto: bimba muore nel grembo della madre
Una bimba è morta nel grembo della madre poco prima del termine stabilito per il parto a Piacenza, e la Procura ha aperto un’indagine. A rivolgersi alla polizia il padre, spiegando che la moglie era stata sottoposta a una visita di controllo in ospedale pochi giorni prima. Era andata bene, tanto che i medici avevano programmato la data del cesareo per far nascere la bambina. L’altra notte però la madre si è presentata al pronto soccorso non avvertendo più segni vitali dalla bimba e si è così scoperto che il feto era morto. Le condizioni della madre non destano al momento, sotto il profilo fisico, preoccupazioni. Gli agenti della squadra mobile, che si occupano delle indagini, hanno sequestrato la cartella clinica della donna e nelle prossime ore verrà eseguita l’autopsia sul feto. Sulla vicenda è intervenuta l’Ausl di Piacenza.
La difesa dei medici
“La madre è stata seguita dal consultorio ginecologico all’interno del percorso nascita attivo in azienda – spiega una nota -. Come previsto dal percorso, nel corso della gravidanza la signora è stata visitata sette volte e sottoposta a tre ecografie. La gravidanza si è svolta senza evidenziare particolari fattori di rischio. Il 31 dicembre, durante la vista di presa in carico al centro nascita di Piacenza, sono stati eseguiti gli esami previsti, compresa la rilevazione del battito fetale e dei movimenti del feto, esami che si presentavano nella norma”. «La morte fetale endouterina, ossia la morte del feto dopo la ventiduesima settimana – ricorda Giacomo Biasucci, direttore del Dipartimento materno infantile – ha un’incidenza in Italia di 3,5 ogni mille gravidanze, e può dipendere da diversi fattori. Le cause più frequenti sono il distacco intempestivo di placenta e tutte quelle situazioni in cui viene a mancare l’apporto di ossigeno al feto».
L’appello al ministro Lorenzin
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ”intervenga in prima persona facendosi carico delle problematiche strutturali e di organico che assillano gran parte dei punti nascita italiani”. A chiederlo, dopo i recenti casi di decessi per parto in vari ospedali, sono Nicola Colacurci, Paolo Scollo e Vito Trojano, rispettivamente presidenti dell’Associazione Ginecologi Universitari Italiani, della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia e dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri. «L’entrata in vigore anche in Italia della normativa CEE su riposi e orari di lavoro in sanità, con le nuove norme “operative” dal 25 novembre 2015 – sottolineano gli esperti – ha infatti acuito la carenza, già grave e in alcune regioni cronica, nelle dotazioni di organico, a cui spesso non si sa come far fronte o che vengono tamponate con personale interinale che non permette la creazione di una equipe multidisciplinare (ginecologo, ostetrica, anestesista), prerequisito per l’ottimizzazione della cura delle urgenze ostetriche». Altra priorità, affermano, è garantire ”punti nascita adeguati per struttura, attrezzature e personale e con un numero di parti non inferiori a 500 l’anno; personale ginecologo ed ostetrico che ha ricevuto una formazione universitaria e che esegua un aggiornamento continuo; il rispetto di norme comportamentali o linee guida realmente condivise da tutta la comunità ostetrico-ginecologica». Tuttavia, precisano i presidenti delle società scientifiche, ”esiste ed esisterà sempre una quota di mortalità materna nell’evento gravidanza, per cui non può essere sostenibile il detto comune ‘al giorno d’oggi è assurdo morire di parto’; di parto si può morire e si muore anche adesso in tutto il mondo e la mortalità da parto è significativamente influenzata da fattori di rischio come la gemellarità, l’età avanzata, l’obesità”. Va però ricordato, concludono, che l’Italia registra, tra i paesi occidentali, ”tra le più basse incidenze di mortalità materna».