Controllore/controllato: lo strano caso Gutgeld, commissario alla “spending”
Facciamo un giochino semplice semplice: supponiamo che a Palazzo Chigi sieda ancora Silvio Berlusconi il quale, forte dei poteri conferiti dalla legge al capo del governo, nomina l’on. Renato Brunetta Commissario straordinario per la revisione della spesa, la spending review degli anglofoni di casa nostra. Supponiamo che in tale veste l’on. Brunetta – che continua però a frequentare l’aula di Montecitorio – incontri l’attuale presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri «per un utile scambio di idee sulle tematiche di comune interesse» al termine del quale, come reciterebbe il consueto comunicato finale, entrambi «hanno convenuto sulla opportunità di programmare, nell’ambito delle rispettive competenze, azioni sinergiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di una revisione della spesa».
Gutgeld fa strategie con la Corte dei Conti. Ma è tuttora deputato Pd
Che cosa sarebbe accaduto se la scenetta appena descritta fosse realmente accaduta? Ve lo dico io: un terremoto di critiche, indignate prese di posizione, appelli e girotondi contro la “sistematica occupazione del potere in barba al ben noto conflitto d’interesse berlusconiano”. Non sarebbero poi mancati l’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari, il corsivo al vetriolo di Marco Travaglio e l’accigliata intervista di un Flores d’Arcais.
Un ulteriore conferma della bulimia di potere di Renzi
Ma torniamo al giochino iniziale: provate ora a sostituire il nome di Berlusconi con quello di Matteo Renzi e quello di Brunetta con quello di Yoram Gutgeld, che al grosso pubblico dice poco ma corrisponde a quello di un onorevole del Pd tuttora in carica nonché di consigliere del premier per le politiche economiche, il quale dal marzo del 2015 è stato nominato, appunto, Commissario per la spending review e che in tale veste ha davvero incontrato un paio di giorni or sono il presidente Squitieri per concordare le azioni congiunte specificate nel (vero) comunicato prima riportato. Gutgeld ha senz’altro i titoli accademici e la dovuta esperienza per guidare la Commissione, ma è un parlamentare che per evidenti ragioni di opportunità, le stesse più volte richiamate in passato dallo stesso Renzi per impallinare amici ed avversari, dovrebbe avere cura di separare nettamente le due funzioni. Tanto più che l’art. 49 bis del decreto legge del 21 giugno 2013 n. 69 (cosiddetto Decreto del “Fare”) al comma 3 stabilisce che il Commissario «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione (…)». Domanda: tale indipendenza di giudizio non uscirebbe rafforzata dalle dimissioni di Gutgeld da deputato del Pd? Non trascurabili sono poi i poteri di cui dispone il Commissario: dall’accesso a tutte le banche dati all’invio di ispezioni e verifiche attraverso l’Ispettorato per la funzione pubblica e del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato passando per le audizioni parlamentari. Infine, la lettera b) del comma 4 dello stesso decreto prevede poi un indennità da corrispondere al Commissario straordinario. È stata già determinata? E, se sì, va a cumularsi agli emolumenti già percepiti da Gutgeld come parlamentare della Repubblica? Forse no. Sarebbe infatti ben strano se l’autorità chiamata a tagliare la spesa altrui, finisse per accrescesse la propria.