Libia, i commando francesi sono già lì. L’Italia tentenna ma concede le basi
La Francia rischia di fare un ennesimo pasticcio in Libia, dopo i raid che dettero il via alla deposizione e al successivo assassinio di Muhammar Gheddafi. Ora i commando francesi sarebbero stati schierati a Bengasi, nell’est della Libia, per sostenere le operazioni militari in corso lanciate dall’esercito guidato da Khalifa Haftar. Lo scrive l’Huffington Post nella versione araba, citando fonti militari libiche. Le forze speciali di Parigi stazionerebbero nella base aerea Benina, e hanno creato un comando di coordinamento delle operazioni militari con i libici. La notizia era già trapelata, cosa che aveva suscitato rabbia nei piani alti del governo francese: “La guerra segreta della Francia in Libia”: secondo informazioni del quotidiano Le Monde, le forze speciali transalpine effettuano operazioni clandestine per lottare contro l’espansione dei terroristi dello Stato islamico nel territorio della Libia. Citato da Le Monde, un alto – quanto ignoto – responsabile della Difesa di Parigi dice che «l’ultima cosa da fare sarebbe intervenire in Libia. Dobbiamo evitare ogni intervento militare aperto, dobbiamo agire discretamente». Per la Francia, aggiunge il giornale, l’obiettivo è colpire le postazioni dell’Isis per frenarne la crescita in Libia. Un’azione condotta in accordo con Washington e Londra come illustra il raid Usa del 19 febbraio contro un dirigente tunisino dello Stato islamico a Sabrata. Per ora, la linea fissata dal presidente François Hollande si basa su azioni militari non ufficiali con il supporto di forze speciali. La loro presenza, di cui Le Monde ha avuto conferma, è stata segnalata a metà febbraio nell’est della Libia da blogger specializzati. Fonti concordanti spiegano inoltre che la lotta contro l’Isis passa per operazioni clandestine condotte dalla Dgse, l’intelligence esterna della Francia. Con il suo radicamento in Libia, inoltre – secondo una fonte della Marina militare francese – «l’Isis dispone per la prima volta di una costa. Ci prepariamo a duri scenari in mare».
Per la Libia l’Italia darà le basi per i droni armati Usa
Per quanto riguarda l’Italia, il via libera ai droni armati americani dalla base di Sigonella «riguarda solo profili difensivi del personale» e il loro uso è «di volta in volta discusso ed autorizzato da noi e ciò è in coerenza con la strategia italiana che punta al coinvolgimento della popolazione locale nella lotta al terrorismo», ha detto a questo proposito al question time il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Il governo italiano sembra unanimemente contrario all’intervento militare sul territorio: «È difficile immaginare un intervento militare in Libia ora che si può chiudere il negoziato su un governo unitario a Tripoli», ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a Corriere.tv. «Una volta che lì ci sarà un governo riconosciuto da tutti che chiede un intervento della comunità internazionale cambia lo scenario, cambia tutto: sono loro che te lo chiedono, non è una guerra dell’invasore», ha concluso. Dello stesso parere la Farnesina: «La soluzione della crisi libica non è in improbabili missioni militari». Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «L’Italia sta coordinando gli sforzi di pianificazione per rispondere alle richieste del nuovo governo libico sul terreno della sicurezza. Stiamo guidando un processo internazionale, ma il processo è molto fragile, la strada non è in discesa», ha aggiunto il capo della diplomazia italiana. «Dobbiamo distinguere le attività contro il terrorismo dalla soluzione della questione libica, che sono due terreni distinti», ha precisato Gentiloni. Intanto c’è uno spiraglio per i nostri tecnici rapiti a luglio: «Spero in un prossimo futuro di avere ottime notizie sui quattro tecnici rapiti» della Bonatti in Libia nel luglio dello scorso anno. Lo afferma l’ambasciatore libico in Italia, Ahmed Safar: «C’è molta collaborazione tra la parte italiana, l’Unità di crisi, e le autorità libiche per salvaguardare l’incolumità dei quattro». Il presidente della Camera di Commercio italo-libica, GianFranco Damiano, dal canto suo sottolinea però che «è passato molto tempo. In altri casi la soluzione è arrivata in tempi più brevi». I dipendenti della Bonatti Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla sono stati rapiti il 19 luglio mentre rientravano dalla Tunisia nella zona di Mellitah, a 60 chilometri da Tripoli, nei pressi del compound della Mellitah Oil Gas Company.